Laudato sii, o mi’ Vittorio

Dal variegato mondo del giornalismo vi segnaliamo un cantore delle gesta del nuovo azionista di controllo di una banca italiana che esce (?) da un periodo di sostanziale affanno e che ora tenta un faticoso turnaround, come direbbero quelli che sanno le lingue. Non sappiamo come finirà, ovviamente, ma almeno ci saremo divertiti con gli editoriali di questo signore.

Si tratta di Massimiliano Lussana, scrive sul Giornale della Liguria (testata di cui colpevolmente ignoravamo l’esistenza) ed è un seguace del nuovo dominus di Carige, Vittorio Malacalza, di cui canta le lodi con fervore quasi mistico. Per cominciare, Lussana è convinto che Carige abbia svoltato, e la circostanza sia nei fatti. Anche la stessa richiesta di una proroga di un mese per la presentazione del nuovo piano industriale, accettata dalla Bce, è da lui vista come prova provata della ritrovata autorevolezza della banca e del condottiero che la guida con mano ferma.

Oggi, ad esempio, si parte con un titolo che è tutto un programma:

«La rivoluzione soft di Malacalza che ha resuscitato Carige in due mesi»

Noi non abbiamo notizie di rinascite ma solo di conti trimestrali, peraltro relativi al periodo in cui Malacalza non guidava la banca. Ed il primo trimestre si era chiuso con una perdita di 41 milioni, contro quella di 45,5 di un anno prima, con forti rettifiche su crediti per cassa, raccolta diretta da clientela in calo del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2015 e dell’8,5% rispetto al quarto trimestre 2015. Raccolta indiretta in calo dell’8,1% rispetto al primo trimestre 2015 e dell’1,5% da fine dicembre 2015. Impieghi in flessione del 6,5% annuo e del 2,9% rispetto al trimestre precedente. Una copertura di crediti deteriorati in aumento al 43,1% da 42,4% di fine 2o15. Nulla di cui scrivere a casa, direbbero gli americani. Forse Lussana conosce i conti del trimestre in corso, che mostrano una vibrante inversione di tendenza, chissà. Sta di fatto che il suo amore per Malacalza è incontenibile, e non da oggi. Scrive infatti il nostro cantore:

«[…] le oscillazioni azionarie del titolo sono quasi una nota a margine di un romanzone scritto in questi due mesi. Che è quasi un manuale di come si può rivoltare come un calzino una Banca dall’immagine ormai quasi decotta e trasformarla in un modello virtuoso, preso ad esempio anche da altri istituti di credito»

Perbacco, abbiamo un modello di banca di cui tutti parlano, anche i concorrenti. Il segreto di questo misterioso successo resta, appunto, misterioso. Tutto quello che possiamo dirvi è che Malacalza è insediato da circa due mesi alla guida della banca, e pare che qualcosa di prodigioso si stia producendo. E lo hanno capito, tutti, persino Toti:

«Come ha ben capito da subito Giovanni Toti, il valore di Carige è quello di essere “Banca del territorio”, con tutte le connotazioni che la parola sa avere. E la genovesità della banca, grazie all’intuizione di Vittorio Malacalza, è la vera carta da giocare, partendo dai mercati rionali per arrivare a quelli mondiali. Ma, senza i primi, Carige non va da nessuna parte. Altro che fondi a stelle e strisce e altro che crediti presunti deteriorati – che nella stragrande dei casi tali non sono – ceduti al 18-20 per cento del loro valore»

Ah, la genovesità, son palanche! Ecco la ricetta magica di Nostro Signore Vittorio, l’uomo che ha segnato un’era, come un suo illustre predecessore di tanti anni addietro:

«Una banca che cambia si vede da tante piccole cose. Anche dalla percezione all’esterno. Perché è come se in via Cassa di Risparmio ci fossero due grandi ere, a.V. e d.V., dove il V. in questione è Vittorio»

Impressionante, dobbiamo ammetterlo. Ma Lussana possiede anche la cultura del dubbio, è felice sintesi di modernità e tradizione, di fede e laicità, oltre che di profonda cultura: un ritratto di umanista a tutto tondo, di quelli che si temeva non esistessero più. E pertanto:

«Questo, ovviamente, non vuol dire che tutto oggi è diventato una passeggiata di salute; che, dopo che Francesco ha messo in dubbio l’infallibilità del Papa, quella di Malacalza è un dogma di fede e che, un istituto comunque in difficoltà non possa essere chiamato a scelte dolorose o ad alleanze. Questo, ovviamente, ci sta. Che Carige sia già a posto e che sia bastato l’arrivo di Malacalza Investimenti per renderla il modello bancario mondiale, non lo sosterrebbe nemmeno il dottor Pangloss del Candide di Voltaire che, secondo la filosofia di Gottfried Wilhelm von Leibniz, pensava di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ma. Ma, finalmente, si vedono tanti piccoli e grandi segni di discontinuità con le gestioni recenti, cogliendo anche quello che di buono c’era (e qualcosa c’era) nel lavoro di Giovanni Berneschi»

Come notate, si tratta di una fede sobria, anche a costo di rischiare accuse di laicismo. Ma è tutta la storia dell’arrivo di Malacalza in Carige che per Lussana è da sempre una radiosa epifania: ad esempio, il 3 marzo, alla presentazione dei nomi dei nuovi vertici, il suo pezzo titolava: “I nomi di Malacalza fanno volare ancora il titolo Carige“. Il 31 marzo, dopo aver respinto le suadenti profferte del Maligno, il titolo era “I genovesi fanno squadra e spediscono Apollo in orbita“. Il 20 aprile il Nostro già sentiva e presentiva l’alba della Nuova Era, ed usava una originale ma popolare metafora calcistica: “Ecco come la cura Malacalza ha riportato Carige in serie A“. Vibrante anche il sottotitolo: “Carige e quei crediti deteriorati che non sono deteriorati“. In esso si citava l’accorato appello di uno “storico piccolo azionista” di Carige, che rimarcava la “diversità” della sua adorata banca assediata dallo Straniero:

«A partire da una dichiarazione fatta proprio su queste colonne da Gino Barile,storico piccolo azionista della banca, analista certosino di ogni numero sui bilanci e oppositore numero uno della gestione di Giovanni Berneschi, quando molti facevano a gara a prostrarsi ai suoi piedi: “È offensiva l’offerta di Apollo. Molti di questi crediti definiti deteriorati,in realtà non lo sono affatto e non sono in alcun modo paragonabili a quelli di istituti bancari di altre zone d’Italia. C’è anche tanta gente perbene che ha sofferto la crisi, che ha avuto difficoltà a ripagare il credito, ma che non vede l’ora di sanare i suoi debiti. Altro che deteriorati!”»

Ma come si permettono, questi detrattori? Altro che deteriorati! Questa è l’era di Vittorio, e su queste sofferenze edificherete la vostra chiesa.

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