La penisola del Tesoretto

In queste ore Matteo Renzi ha lanciato l’ennesimo spin: quello sull’esistenza di un fantomatico “tesoretto” di risorse pubbliche, per instradare il paese verso la felicità. Lo spin è stato puntualmente ripreso da Maria Elena Boschi, dopo aver archiviato il Def e la manovrina correttiva, che tuttavia archiviati non sono, trattandosi di fondali di cartapesta o più propriamente di “finzione” che calcia la lattina più in là per quanto riguarda il Def, e di una bella stretta alla liquidità aziendale con annesso giochino sui flussi di tesoreria per quanto riguarda la mini correzione, che mai come a questo giro si è rivelata di gestazione così difficoltosa e peraltro tuttora incompiuta. Ma a quanto ammonterebbe, esattamente, questo “tesoretto”?

Il riferimento lo fornisce la stessa Boschi sulla sua pagina Facebook, ripresa con diligente lancio d’agenzia mattutino (quello che tiene in forma, assieme ad un bicchiere di acqua calda al risveglio, per agevolare le funzioni fisiologiche).

«Insomma un passo alla volta andiamo avanti. Adesso lavoriamo sugli investimenti a cominciare dai 47 miliardi di euro previsti dal comma 140 della Legge di Bilancio dello scorso anno: è il “Fondone” che abbiamo stanziato allora per rilanciare gli investimenti. C’è un tesoretto da spendere, lo spenderemo bene»

Come forse saprete, di solito in questo disgraziato paese il termine “tesoretto” era solito essere utilizzato nelle situazioni in cui il gettito d’imposta risultava superiore alle attese. In tal modo risultava possibile lanciare denaro sui clientes dopo gli abituali latrati sindacal-corporativi. Ora pare che il significato del termine sia mutato. Andiamo infatti al comma 140 della legge di Stabilità del 2016, e leggiamo senza prendere fiato:

Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un apposito fondo da ripartire, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l’anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l’anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l’anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, anche al fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell’Unione europea, nei settori di spesa relativi a: a) trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie; b) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; c) ricerca; d) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche; e) edilizia pubblica, compresa quella scolastica; f) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni; g)informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria; h) prevenzione del rischio sismico; i) investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia; l) eliminazione delle barriere architettoniche. L’utilizzo del fondo di cui al primo periodo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato

Ora, a parte la puntuale elencazione delle missioni di spesa (in conto capitale), cosa dovreste notare? Due cose: la prima, che i fondi appostati vanno poi finanziati, e le due cose non necessariamente coincidono, come dimostra la lunga storia delle spese in conto capitale abortite per “pareggiare i conti”. La seconda, che i 47 miliardi sono la somma di impegni di spesa da qui al 2032. La domanda sorge spontanea: di che diavolo parliamo? Tre miliardi l’anno per sedici anni sarebbero qualcosa di cui scrivere a casa, ammesso e non concesso di riuscire a finanziarli ogni anno? Questo spin è figlio di una nuova tecnica di rimbecillimento delle masse: la somma delle spese previste nei lustri a venire, per gonfiare l’effetto. Non esattamente una forma di ingegneria finanziaria per disperati quanto piuttosto un prodotto del kit del piccolo venditore di pentole. Non c’è buco, non c’è inganno, venghino! E tutto il resto è fake news.

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