I gemelli Brunetta vi spiegano come essere autorevoli nel mondo

All’indomani dell’ultimo spin mediatico di Matteo Renzi, che riprende e rilancia il grido “no al Fiscal Compact” che ormai caratterizza tutte le sigle partitiche presenti nel parlamento italiano, fischiano e grandinano i lanci d’agenzia, le chiose e le critiche. Oggi lo avevano detto tutti, che il Fiscal Compact (peraltro mai realmente applicato, in questi anni) era brutto e cattivo. Meglio tornare a Maastricht, e chiedere un bel deficit-Pil fisso al fondoscala del 2,9%. Poi, se mai arrivasse in corso d’opera una recessione ci butteremo a terra urlando e dimenandoci, come quei guitti di strada che tentano di avere maxi risarcimenti per danno biologico senza neppure essere stati sfiorati.

Tra le reazioni all’ultima levata d’ingegno di Zelig Renzi (l’unico politico che si trasforma nei partiti d’opposizione), segnaliamo la presa di posizione dell’onorevole professor Renato Brunetta, l’uomo che risponde con un bel “ve l’avevo detto, io!” anche a chi gli chiede l’ora. In una elaborata nota pubblicata sulla sua pagina Facebook, Brunetta precisa, tra le altre cose:

«Quindi l’appuntamento dei 5 anni non è una scadenza, a cui fa continuo richiamo Renzi per farsi il bello, non è un rinnovo, non è neanche un tagliando/controllo»

«Al massimo, quello che l’Italia può fare è, come per ogni accordo internazionale, ritirare la firma e uscire dal Fiscal Compact. Restiamo comunque, come Stato dell’Ue, vincolati a tutte le regole del Six Pack e del Two Pack, che rimangono in vigore. L’unico vincolo di cui Renzi si libererebbe sarebbe l’equilibrio di bilancio, se non fosse che lo abbiamo inserito nella nostra Costituzione. Quindi saremmo tenuti a rispettarlo comunque, salvo nuove modifiche costituzionali»

«Questa è l’analisi corretta e la spiegazione che Renzi continua a non voler capire. Altra cosa è, invece, la necessità che l’Italia apra una riflessione più generale in sede europea per ritornare, come abbiamo avuto occasione di sostenere più volte in Parlamento, al Trattato di Maastricht nella sua versione originale, quella fortemente voluta dall’allora ministro del Tesoro, Guido Carli, sospendendo le successive modifiche, da noi ritenute illegittime, del Six Pack, del Fiscal Compact e del Two Pack»

«Sarebbe ora di parlare di Europa con competenza e cognizione di causa. In caso contrario si finisce male: derisi e isolati»

Quindi, par di capire, Brunetta afferma che anche rimuovendo il Fiscal Compact, resterebbe in essere il morso del Two Pack e del Six Pack. Ebbene sì, Brunetta ha ragione. Pare anche di capire che il capogruppo forzista lamenti l'”improvvido” inserimento in Costituzione dell’equilibrio di bilancio. Pare inoltre di capire che l’onorevole professor Brunetta rivendichi con plurale maiestatis il ritorno alle origini del Trattato di Maastricht, la cui primogenitura assegna nobilmente a Guido Carli. In particolare, i Brunettas ritengono “illegittime” le successive modifiche del Six Pack, del Fiscal Compact e del Two Pack.

Good. Noi siamo andati a cercare a quando potesse farsi risalire questa primogenitura brunettiana delle cose da fare per l’equilibrio dei conti pubblici, ed abbiamo trovato un’Ansa di alcuni anni addietro, che cita un editoriale di Brunetta medesimo, comparso sul Giornale  (nel quale troverete, come bonus aggiunto, l’elogio delle politiche economiche di Cristina Kirchner in Argentina). Che diceva Brunetta, all’indomani dell’insediamento del governo Letta, e dopo la ratifica del Fiscal Compact da parte dell’Italia? Questo:

«Si è forti in Europa, se è forte la nostra democrazia. Cioè se dopo le elezioni si formano governi forti, capaci di affrontare le crisi. Dopo 60 giorni il nostro Paese ce l’ha fatta. Adesso abbiamo tutte le carte in regola per far valere, le nostre istanze di cambiamento della politica economica in Europa». Lo scrive Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, in un editoriale pubblicato da ”Il Giornale”. «Già con il governo Berlusconi – sottolinea – l’Italia aveva approvato il ‘Six Pack’ e la riforma dell’articolo 81 della Costituzione. Ed è questo che ha reso possibile, durante il governo Monti, l’ok alla relativa riforma costituzionale e al Fiscal compact. A dicembre 2012 è stata approvata dal Parlamento anche la Legge rafforzata che qualifica i vincoli derivanti dall’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Pertanto, l’Italia si pone già oggi come il Paese più avanzato in Europa dal punto di vista del controllo dei bilanci» (Ansa, 29 aprile 2013)

Bene, pare che anni addietro uno dei Brunettas abbia attivamente operato (o collaborato col nemico?) per approvare i principali strumenti di controllo dei conti pubblici. Questo sin quando il gemello buono non è riuscito a liberarsi ed ora spiega al confuso Renzi come fare a tornare al castello incantato di Maastricht con lo spirito-guida di Guido Carli. Poi non dite che non ve l’aveva detto, mi raccomando. Soprattutto non dite che non vi aveva ammonito circa il parlare con “competenza e cognizione di causa”, per non finire “isolati e derisi”.

Perché il punto è quello, alla fine dei giochi. Anche se qui a baloccarsi è solo l’Italia, con le sue amnesie selettive e la sua vocazione a chiedere di cambiare le regole del gioco perché non realmente comprese al momento della firma. Un paese disperatamente bisognoso d’aiuto e divorato, già a livello dei suoi legislatori, da analfabetismo funzionale e di ritorno. O forse di sola andata.

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