So che è terribilmente difficile prendere posizione sul caso Boschi-Etruria ma forse vale la pena tentare, anche per spiegare cosa dovrebbe essere il concetto di opportunità politica in Italia, e come viene declinato dai clan a bordo campo, in quella che appare una gigantesca arma di distrazione di massa.
Il punto del contendere, per chi ha ancora una concezione romantica della politica, e quindi appare completamente fuori dalla realtà e dai nostri tempi, è che un ministro che dichiara al parlamento di non aver interferito nella vicenda e poi si scopre essere stata onnipresente su quella banca e non su altre, è un ministro a cui servirebbe chiedere di farsi da parte, per opportunità politica, in caso non riuscisse a giungere autonomamente a tale conclusione.
Chi vuole la Boschi esiliata o espunta dalla politica italiana in nome di questo principio dovrebbe poi, per coerenza, essere altrettanto inflessibile su ogni sfumatura non dico di conflitto d’interesse ma proprio di “opportunità”. Ovviamente, in un paese dal mainstream culturale come l’Italia, il numero di censori e di seguaci di principi liberali puri e duri cresce esponenzialmente ma solo per sommatoria contro i “nemici” di clan avverso, mentre tende a divenire maniacalmente “garantista” per la propria fazione. Nulla di nuovo sotto il cielo.
Non avremo quindi l’auspicata (da me) “rivoluzione calvinista” in un paese così desolatamente cattolico ed autoassolutorio come questo, basato sulla deroga, sull’eccezione, sullo stato di necessità, sul complotto esterno. Boschi, che sin qui non è apparsa esattamente un’aquila, politicamente parlando, si è spesa in modo “soft” (che tuttavia, dato il suo ruolo, diviene automaticamente “hard”) per porre una pezza al disastro della banca del suo collegio elettorale. Se lo avesse fatto in modo aperto e scoperto, anziché mentire al parlamento, forse (e sottolineo il forse) tutto questo psicodramma nazionale non sarebbe accaduto.
Fa quindi sorridere, questo bizzarro rigurgito di rigore in un paese spappolato da conflitti d’interesse ed in cui tutti vanno a pranzo, cena e letto (metaforicamente ma non troppo) con tutti. Ovviamente, questa mia frase scatenerà le fazioni, e verrò accusato di essere troppo indulgente con una donna che sta venendo praticamente bruciata in piazza ma la cui colpa più rilevante resta ai miei occhi quella di essere una provincialotta inadeguata, catapultata sulla scena nazionale per mano del suo capo cordata, a sua volta grande mobilitatore degli amici del chioschetto toscano, quando si mise a intonare il suo “andiamo a comandare”.
Il fatto che i postulanti che cercavano di accasare banche decotte con la sola imposizione di sguardi silenti ed email “nel rispetto dei ruoli” siano stati rimbalzati dai banchieri di sistema non deriva da improvviso irrigidimento degli standard relazionali dei banchieri medesimi quanto dal trovarsi ad operare in condizioni di ambiente ostile, tra nuovi vincoli europei e ampiezza e profondità dell’ammaloramento degli attivi delle nostre banche. In atri termini, e malgrado quello che scrivono i nostri editorialisti di sistema, tentare improbabili cordate di salvataggio avrebbe finito col contagiare gli istituti sani.
Quanto alla commissione d’inchiesta sulle banche, al termine di queste sceneggiate, nutro serissimi dubbi che otterremo un distillato di principi per riformare la vigilanza sulle banche. E del resto quella esigenza si è fortemente attenuata, dopo l’arrivo della supervisione Bce. Ero pressoché certo degli esiti da commedia dell’arte di questa vicenda ma debbo dire che, a posteriori, scopro di essere stato ottimista. Evidentemente, questa Italia fangosa, familista amorale, divisa in tribù primordiali con corollario di camere dell’eco e bolle di filtraggio ad uso dei fedeli di ogni culto settario, va ben oltre la mia apparentemente cinica visione del mondo.
Archiviata questa sceneggiata, potremo tutti tornare ad intonare l’unico vero “Canto degli italiani”, con buona ed eterna pace di Mameli e Novaro: “E gli altri, allora?”