Riforma dell’Eurozona: una proposta realista e da approfondire

Ieri, a firma di quattordici economisti francesi e tedeschi, è stata presentata una proposta di riforma delle regole di governance fiscale e finanziaria dell’area euro. Programmaticamente, il documento tratta di come “riconciliare condivisione del rischio e disciplina di mercato”. Analizziamo le proposte.

In premessa, gli autori osservano che il cosiddetto nesso banco-sovrano, cioè il possesso di ampie quantità di titoli di stato domestici da parte delle banche, resta una rilevante minaccia, ai singoli stati ed all’unione monetaria, oltre che un ostacolo all’integrazione monetaria ed alla migliore condivisione del rischio a mezzo di meccanismi di mercato.

Ecco quindi che serve ridurre la concentrazione di titoli di stato domestici in portafoglio alle banche, penalizzando con richieste di maggiore capitale chi sfora i limiti. In questo modo, si aprirebbe la strada all’assicurazione comunitaria sui depositi, vincendo (è il sottinteso) le resistenze tedesche che oggi bloccano questo processo. Nel documento si precisa che la garanzia europea dovrebbe avere natura riassicurativa, cioè attivarsi solo dopo che i comparti nazionali sono stati prosciugati, in caso di crisi, e che i “premi” assicurativi dovrebbero comunque essere calibrati sulla rischiosità nazionale.

Come si nota, si tratta di un esercizio di realismo, oltre che del tentativo di fornire al “blocco tedesco” tutte le rassicurazioni del caso. In pratica, si tratta di un tentativo di ridurre la segregazione su base nazionale dei rischi, che in questi ultimi anni è fortemente aumentata, mantenendo elementi di costo del rischio specifici ai singoli paesi partecipanti. Per lo stesso motivo (rimozione degli ostacoli all’unione bancaria) si raccomandano misure di accelerazione dello smaltimento delle sofferenze bancarie.

Riguardo all’aspetto fiscale, obiettivo è sostituire l’attuale sistema di regole basate sul concetto di “deficit strutturale” con una regola della spesa, con un obiettivo di lungo periodo di riduzione del debito. La regola si esplicita in questi termini: la spesa pubblica non può crescere più del prodotto nominale di lungo periodo, e deve restare inferiore a quel target nei paesi che devono ridurre il debito. Resta il problema di usare misure “potenziali” di lungo termine, che riproduce le difficoltà legate al calcolo attuale dell’output gap.

Chi viola la regola deve emettere dei titoli di stato “subordinati”, quindi più costosi e rischiosi dei titoli ordinari. In caso di intervento in assistenza del fondo europeo di stabilità o di suo successore, questi titoli di stato subordinati sarebbero ristrutturati, allungandone la scadenza. Lo stock di titoli di stato ordinari non verrebbe toccato, per evitare eventi sistemici (i.e. panico).

Previsto anche un fondo comunitario anti-ciclico, per sostenere i singoli stati in fasi di difficoltà che non possano essere superate con semplici manovre fiscali espansive nazionali. Anche qui, il fondo comunitario prevede quindi una “first loss” in capo al paese interessato, e meccanismi di incentivo/disincentivo ad evitare che un paese risulti strutturalmente prenditore di fondi comunitari controciclici.

Lungo questo percorso, si suggerisce la creazione di un “eurobond sintetico”, riprendendo una precedente proposta che prevede la creazione di una sorta di collateralizzazione, con diverso grado di seniority e quindi di rischio/rendimento, su un paniere di titoli di stato nazionali. Torneremo sul punto, che nella formulazione originaria appariva piuttosto debole.

L’architettura istituzionale riformata prevede la creazione di un watchdog fiscale comunitario, la cui collocazione va decisa entro la cornice degli attuali trattati o di nuovi, ma che deve prevedere forme di accountability politica, lasciando quindi margini di conciliazione con l’ipotesi di un ministro delle Finanze dell’Eurozona.

In sintesi, la filosofia del pacchetto di proposte è centrata sulla rimozione o forte attenuazione del legame banco-sovrano come precondizione per sbloccare l’unione bancaria, in uno logica complessiva che prevede prima l’impegno nazionale e poi quello comunitario, con incentivi e sanzioni market-based, ma che tenta di rimuovere gli aspetti più perniciosi della segregazione dei rischi su base nazionale, cresciuta negli ultimi anni. Se a qualcuno interessasse, il vostro umile titolare è fortemente favorevole a questa impostazione.

Interessante pur se bisognosa di approfondimento la nuova “regola fiscale”, che appare meno macchinosa (tutto è relativo) e prociclica dell’attuale, e che supera i concetti fortemente astratti e quindi suscettibili di contestazioni del Pil potenziale e output gap. Meritevole di approfondimento anche la ristrutturazione “incrementale” della sola parte di debito pubblico subordinato emesso quando per vari motivi si va a violare la regola fiscale; un tentativo di evitare eventi sismici sull’intero stock di debito. Eventi che potrebbero tuttavia avvenire comunque.

Si tratta di una base di discussione molto ampia, e potenzialmente altrettanto fertile. Spetterà ai governi decidere se mettervi mano. Il fatto che provenga da economisti francesi e tedeschi rappresenta un motivo in più per non liquidarla come mero esercizio intellettuale. Ai politici italiani, se troveranno modo e tempo di leggere e comprendere di che si tratta, il compito di non farsi cogliere impreparati quando saranno assunte le decisioni in sede europea. Il punto centrale dell’architettura rivista è il massimo del realismo costruttivo: condivisione dei rischi in un sistema sanzionatorio dove il mercato prevale. Niente “Cassa del Mezzogiorno d’Europa”, cari italiani, fatevene una ragione.

Di certo, corre un abisso tra il rigore intellettuale e la neutralità di questo pacchetto di proposte ed alcune levate d’ingegno italiane, che chiedono semplicemente di “azzerare lo spread” determinando con un colpo di bacchetta magica che il rischio italiano e quello tedesco pari devono essere, e fingendo che resti comunque una dimensione “di mercato”. Continua a volerci pazienza.

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