Mi chiamo Savona, faccio riforme e vedo cigni neri

Oggi, rispondendo su Repubblica ad un editoriale critico di Ferdinando Giugliano, il ministro per le Politiche europee, Paolo Savona, pesca a strascico una serie di correlazioni spurie e commette un errore da matita blu, nel tentativo di illustrare la sua Grande Riforma della Banca centrale europea. Il tutto dopo aver rilasciato ieri un’intervista in cui ha spiegato come spianare il Turchino ed i conti con l’estero italiani. Per puro dovere di antropologo militante, riporto e commento gli episodi.

Su Repubblica, Savona parte dalla prospettiva storica dell’euro. Subito dopo l’introduzione dell’euro, afferma Savona,

«[…] nel giro di poco tempo il suo cambio estero con la moneta dominante, il dollaro, scese da 1,16 a 0,83. Una volta che il mercato internazionale si convinse che l’euro era una moneta stabile, cominciò il recupero di valore affermandosi come la seconda moneta mondiale»

Savona potrebbe anche sforzarsi di considerare che quel deprezzamento fu anche il frutto di riallocazioni di portafoglio da parte dei reserve manager di tutto il mondo, che si trovavano ad avere grandi importi di euro come conseguenza del precedente possesso di marchi, franchi, lire, pesetas, eccetera. e quindi dovevano necessariamente ridurre le quantità detenute. E comunque, visto che Savona appartiene alla famiglia “keynesiana” (tra virgolette), dovrebbe rallegrarsi quando vede il cambio deprezzarsi.

Dopo aver ignorato questo punto, Savona puntualmente si lamenta per le fasi di apprezzamento dell’euro:

«Le conseguenze negative della carenza di potere della Bce sul cambio si rivelarono quando la Cina mostrò un mutamento di atteggiamento politico nei confronti del dollaro e acquistò abbondanti quantità di euro da immettere a sua riserva ufficiale e il cambio euro/dollaro toccò 1,60. A questi valori, il danno per le imprese esportatrici i cui prodotti sono sensibili ai prezzi furono assai gravi, in particolare per le imprese italiane»

Notare l’asimmetria, prego. Serve precisare che nulla nella storia corrobora la sua tesi (gli acquisti cinesi di euro come ritorsione anti-dollaro: e figuriamoci, date un’occhiata alle riserve valutarie di Pechino ed alla loro composizione), Savona non analizza quali fossero all’epoca le condizioni monetarie in Eurozona, visto che quel livello del cambio poteva ben essere coerente con i fondamentali economici. Nossignore: per Savona, cambio “basso” uguale rischio credibilità della Bce; cambio “alto” (rispetto a cosa?) uguale danno per gli esportatori italiani.

E veniamo allo sfondone che impreziosisce la dotta articolessa savonese:

«Dopo la crisi finanziaria mondiale, un vero “cigno nero” à la Taleb, emersero anche le conseguenze dell’altrettanto grave lacuna dei poteri della Bce, quella di non avere la possibilità di effettuare interventi di mercato per contrastare la speculazione. Draghi mostrò grande abilità nel varare l’Omt, più noto come QE (Quantitative Easing) europeo, sfruttando gli interessi dei Paesi che ne avrebbero beneficiato per rientrare dai loro crediti»

Ahi ahi, professor Savona: OMT non è QE. Questo è errore da matita blu. OMT, sinora mai attivato, prevede di combattere il rischio da ridenominazione, cioè di uscita dall’euro, per paesi che perdono l’accesso ai mercati, e che devono sottoporsi a memorandum (cioè alla Troika e suoi discendenti) per poter avere aiuti finanziari da ESM, mentre la Bce compra “senza limiti” i suoi titoli di stato con scadenze comprese tra uno e tre anni. Nell’OMT la Bce provvederebbe poi a sterilizzare tali acquisti, drenando la liquidità da essi prodotta. Nel QE, per contro, la Bce crea deliberatamente riserve bancarie, cioè liquidità, per stimolare indirettamente l’attività economica.

Dove Savona abbia letto che OMT=QE, resta un mistero ma ciò non attenua la gravità dell’errore. Singolare poi che il QE venga bollato non come politica monetaria ultra espansiva bensì come geniale sotterfugio per permettere ad alcuni paesi di “rientrare dai loro crediti”. Diremmo che siamo sempre al cospirazionismo più cocciuto.

Ma a Savona non va bene neppure che il QE finisca:

«Poiché in Grecia e in Italia, un po’ meno in Olanda, l’inflazione è ancora distante dal tetto, nasce il problema di come evitare gli effetti negativi di un rientro anticipato rispetto a sistemi economici proni all’inflazione. Per ripristinare in modo permanente l’ombrello contro la speculazione si deve assegnare alla Bce il compito di esercitare le funzioni di lender of last resort su singoli punti del sistema ove necessario»

Che vuol dire: la Bce deve continuare il QE sull’Italia, sin quando non avremo raggiunto il 2% di inflazione. Ancora:

«Ho anche precisato che, se l’attacco al cambio dell’euro o ai debiti sovrani di un Paese membro ha radici in squilibri reali, occorre operare simultaneamente per risolverli a parte attivando un apposito strumento europeo. Questo compito non spetta in punta di teoria alla Bce e richiede uno o più strumenti di politica fiscale comune, l’altro problema da me sollevato nel programma di Governo»

A dire il vero, pare che l'”apposito strumento europeo” esista già e si chiami ESM. Che potrà evolvere secondo quanto emergerà dal dialogo europeo, ma ad oggi non ci sono all’orizzonte trasferimenti incondizionati di risorse fiscali, come invece Savona ed il suo sovrano governo vorrebbero. E quindi, la domanda sorge spontanea: che fare se i partner europei diranno di no a queste fantasiose richieste che si compendiano nel grido di battaglia “siamo sovrani, sussidiateci”? Qui attendiamo risposte.

Veniamo invece alla fantasmagorica proposta di ieri, contenuta in un’intervista a “la Verità“; in essa, Savona decide che l’export netto è il Male, e che la domanda interna è l’unica cosa che valga la pena perseguire. La premessa è paradigmatica:

«[…] l’Italia da tempo vive al di sotto delle proprie risorse, come testimonia un avanzo di parte corrente della bilancia estera»

Quindi, attenzione: ogni volta che un paese è in avanzo delle partite correnti, per Savona significa che quel paese sta affamando il proprio popolo, mediante compressione antidemocratica della domanda interna. Interessante, no? Di fatto, questa è l’ossessione antitedesca che riaffiora con prepotenza, e si fa assioma. Ma non finisce qui: per Savona, ogni avanzo delle partite correnti deve poter “essere attivato” (!), cioè indurre politiche fiscali a deficit per riequilibrare l’avanzo medesimo mediante suo riassorbimento:

«L’avanzo sull’estero di quest’anno è al 2,7% del Pii, per un valore complessivo di circa 50 miliardi: esattamente ciò che manca alla domanda interna»

Et voilà! Ecco quello che ci serve per pagare tutte le poderose riforme “strutturali” del governo gialloverde. Seguite il dito, ché la luna ormai è fuggita: c’è avanzo nei conti con l’estero? Male, signora mia, lei sbaglia candeggio ed affama il suo popolo! Quindi, per rimediare, serve fare deficit per ridurre quell’immondo ed antipopolare avanzo nei conti con l’estero. Tutto chiaro, no? Per Savona il surplus commerciale è solo distruzione della domanda interna, non export competitivo, magari per valore aggiunto ed innovazione. Probabilmente perché Savona crede che il nostro export sia fermo alle filande, non so.

Solo che, con questa geniale intuizione, l’Italia stimolerebbe il proprio import, cioè farebbe da locomotiva al resto d’Europa, che ringrazierebbe felice. Ma non è fantastico, tutto ciò? Facciamo un mega stimolo fiscale a deficit, e poi importiamo quello che ci serve per soddisfare la domanda interna, creando occupazione…all’estero. Great, my friend.

Se volete comprendere meglio gli stessi concetti, spiegati da Sledgehammer Michele Boldrin, qui c’è un agile video di poco più di 10 minuti. Tempo speso meglio che a leggere le proposte di “riforma” della governance europea. Anzi no, non governance, Politeia.

Io chiudo ribadendo il punto: premesso che serve studiare un filo di più per evitare di dire che OMT e QE sono la stessa cosa, che pensa di fare il ministro Savona in caso gli altri diciotto paesi dell’Eurozona rispondano “no, grazie”? Fatecelo sapere, ne va della nostra asset allocation personale, peraltro già messa in sicurezza da quel dì.

Ed ora scusatemi ma, dopo aver letto Savona, sento il bisogno incoercibile di tornare a leggere Scalfari che insegna teologia a papa Bergoglio.

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