Oggi sul Corriere trovate l’ennesima puntata dell’avvincente rubrica in cui la nota watchdog Milena Gabanelli vi spiega come risolvere i problemi della penisola, a colpi di proiettili d’argento. Questa volta parliamo dell'”eccesso” di liquidità degli italiani, che pare tengano sul conto corrente ben il 32% della loro ricchezza finanziaria.
Questo è un vecchio tema, col quale si cimentò con scarsa fortuna anche Matteo Renzi, che tentò di spingere gli italiani a spendere, con le buone o con le cattive, per rimettere in moto l’economia (fosse tutto così semplice). Ricordo che Renzi praticamente accusava gli italiani di aver nascosto i soldi sotto la banca, manco fosse un materasso. Nulla di nuovo sotto il sole italiano.
Di che parliamo, oggi? Del fatto che i saldi di conto corrente vengono erosi dall’inflazione, oltre che dalle spese di tenuta conto, quindi sarebbe un errore mantenerli così elevati. E fin qui, ci potremmo anche essere. Il problema è che evidentemente l’incertezza spinge a restare liquidi. Oltre al timore di trovarsi coinvolti in qualche dissesto bancario, oltre che per incultura del risparmio, che sappiamo essere in Italia una autentica piaga.
Tra le cause della elevata propensione alla liquidità (che è cosa diversa dalla propensione al risparmio, sia chiaro), Gabanelli e la sua co-autrice Giuditta Marvelli identificano:
Tra la primavera e l’autunno del 2018, prima che il governo trovasse un accordo con l’Europa sulla manovra, era tornata in primo piano la paura per una possibile uscita dall’euro, oggi indicata solo dall’11% dei correntisti nel recente sondaggio di Azimut Gfk. Serpeggia poi il timore di una patrimoniale. La conseguenza è stata quella di mettere in moto l’interesse per l’apertura di conti all’estero, che consentirebbero di mantenere in euro una piccola/grande quota della liquidità se tornasse la lira.
Un discreto mischione, diremmo. Se hai paura dell’Italexit, non stai liquido sul conto bancario ma investi in attivi non italiani. Pagherai comunque l’eventuale patrimoniale straordinaria, visto che passa tutto dal quadro RW della dichiarazione dei redditi, ma nulla ti obbliga a stare cash. E infatti le autrici del pezzo segnalano correttamente questa circostanza, oltre al fatto che 8,9 miliardi di euro sarebbero migrati dall’Italia all’estero nel 2018. Che resta un importo risibile, per chi sa far di conto.
Chi conosce il metodo Gabanelli, sa che dopo la descrizione della criticità arriva il proiettile d’argento, quello che risolve tutto in modo “geniale”, come disse la Nostra del fulminante piano di mutualizzazione del debito dell’Eurozona elaborato da Marcello Minenna. Siamo un paese ricco di geni incompresi, come noto.
Dell’armamentario comunicativo della Gabanelli è parte integrante anche un utilizzo creativo della lingua italiana. Ad esempio, parlando della elevata propensione alla liquidità delle imprese italiane, oggi si può leggere:
Alla fine dell’anno scorso, fra titoli immediatamente convertibili e contante, tenevano immobilizzati circa 340 miliardi di euro, oltre il 20% del Prodotto interno lordo, raggiungendo il livello più elevato degli ultimi venti anni.
Interessante il fatto che titoli immediatamente liquidabili e cash vengano definiti “immobilizzi”. Orwell sarebbe stato orgoglione. Suggerirei alle due autrici che, se le aziende tengono ferma tutta questa liquidità, è proprio per elevata incertezza dello scenario, interno ed internazionale, oltre che per esigenza di rendersi il meno dipendenti possibile dalle banche.
E quindi, come gestire tutta questa incertezza? Prendete appunti:
Un maggior raccordo tra la capacità di risparmio dei privati e l’economia reale, quella delle imprese e delle opere pubbliche, servirebbe a rompere il clima di incertezza.
Questa è una notevolissima inversione del flusso causale. E io che pensavo che, se si riducesse “il clima d’incertezza” (sulle cui cause strettamente endogene praticamente nulla viene detto), l’investimento seguirebbe. Devo proprio smettere di pensare in modo così lineare. Segue citazione di altro noto proiettile d’argento Made in Italy:
Oggi a puntare sull’azienda Italia ci sono i Piani individuali di risparmio: i fondi pieni di azioni e bond di piccole e medie imprese che concedono l’esenzione fiscale a chi resta investito per almeno un quinquennio. Una novità che ha raccolto in due anni più di 15 miliardi, finita però in pausa all’inizio del 2019 perché c’è una nuova normativa e un problema di controllo del rischio per gli investitori da risolvere.
La “nuova normativa” è stata voluta dall’attuale governo italiano, e spinge ad introdurre nei Pir elementi di ulteriore accentuazione del rischio, oltre che di pesante illiquidità. Pensare che i piccoli risparmiatori, che già non distinguono un Btp da un estintore, debbano diventare dei piccoli venture capitalist è assai rischioso, per i risparmi degli italiani. Forse enfatizzare e stigmatizzare questo punto avrebbe reso la cosiddetta indagine della Gabanelli un po’ più completa e seria. Ma non si può avere tutto, nella vita.
Quindi, vediamo: la Nostra si lamenta dell’eccesso di liquidità degli italiani, cerca di ricondurlo al forte aumento di incertezza, poco e nulla dice sulle cause di tale incertezza, soprattutto di quella domestica. Ad esempio, visto che ama tanto numeri e dati (almeno così narra la leggenda sul suo conto) avrebbe potuto segnalare quanto ha perso l’indice dei Btp da maggio dello scorso anno, vis à vis quello dei titoli di stato del resto d’Europa. Forse si sarebbe visto che in Italia è accaduto qualcosa, da quel tempo. Chissà cosa, mah.
Ma nulla di tutto questo: alla Gabanelli serve che gli italiani gettino il cuore oltre l’ostacolo, ed investano. Anche su prodotti illiquidi, rischiosi ed incomprensibili. E sapete perché?
In conclusione, questo gigantesco risparmio è il nostro petrolio, se non lo sfruttiamo noi, il sistema si erode e alla fine lo sfrutteranno altri comprandosi le nostre banche.
Ah, ecco! Il cattivone straniero che viene a rubare nottetempo il nostro petrolio, e lo porta all’estero! Come ho fatto a non pensarci prima? E pensare che, per quelli che usano ancora flussi causali non sovranisti, i soldi vanno dove ci sono occasioni di investimento e stabilità. E invece no! Si tratta di un piano per rapire i nostri risparmi, maledetto Straniero. E quindi, che fare?
Perché allora non ipotizzare che Stato e imprese possano collaborare per realizzare infrastrutture ad elevato moltiplicatore, e modernizzare il Paese coinvolgendo anche la liquidità delle famiglie. Basterebbe prevedere che parte del fabbisogno finanziario venga ottenuto da obbligazioni garantite dello Stato, e cioè un investimento talmente simile ai titoli di Stato da superare le paure delle famiglie. Un Paese prospera solo quando il denaro circola, non quando resta immobile e sterile su un conto.
Ah, l’elevato moltiplicatore, signora mia! Qui la Gabanelli crede che senza soldi tricolori non si investa. Interessante, no? Una vera patriota. E quindi, che facciamo? Emettiamo delle “obbligazioni garantite dallo stato” (cioè altro debito pubblico), che permetterebbe di “superare la paura delle famiglie”. Perché, sapete, le famiglie non investono perché hanno una fottuta paura di tutto quello che non è statale. Questa me la segno. Probabile che, alla prossima “inchiesta”, salti fuori anche l’immancabile “fallimento del mercato”, state all’occhio.
Ma allora, ecco l’ideona: perché non suggerire alle spaventate famiglie italiane di spostare i risparmi dalla liquidità ai titoli di stato? Il cerchio si chiuderebbe. E, con quei titoli di stato, realizzare i famosi investimenti “ad elevato moltiplicatore”. Possibile che una esperta come la Gabanelli non ci arrivi? O forse vuol dirci che gli italiani sono terrorizzati dall’investimento privato e quindi vogliono più stato, ma proprio tanto di più? E dove sta il problema, quindi? Gli italiani accorrano a comprare titoli di stato, tutto il resto seguirà.
Come potete constatare, per ogni problema strutturale italiano c’è una soluzione, rapida e geniale. Basta rivolgersi a Milena, e il gioco è fatto. Quanto a voi risparmiatori, provate a seguire un bel principio di base: diversificare. Cioè mettere i vostri soldi anche fuori dall’Italia. Dopo aver preliminarmente risposto ad alcune domandine: questi soldi mi serviranno tra poco o posso farne a meno sine die, quindi posso metterli in azioni ed altri strumenti a maggior rischio e rendimento?
Il giochino è tutto lì, non è difficile. Anche se non siete watchdog del giornalismo d’inchiesta a tesi precostituita e non avete un ineguagliato talento a capovolgere i flussi causali.
P.S. Non abbiamo bisogno dello Straniero, sia chiaro. E se anche fosse vera la calunnia dell’Italia come “paese che scotta”, ora risolviamo: una bella garanzia pubblica su obbligazioni private, i risparmiatori italiani accorrono, l’incertezza si spezza, e si riparte. No?
Bonus aggiunto: il videocommento con Michele Boldrin: