di Luigi Oliveri
Egregio Titolare,
la tela di Penelope sulla quale si scrive la regolazione dei navigator coinvolge, nel suo continuo fare e disfare, non solo le logiche del Reddito di cittadinanza, ma anche quelle del reclutamento di personale nella pubblica amministrazione.
In quanto al Reddito, tra il Governo e le Regioni (giustamente critiche in merito all’acquisizione di 6.000 precari da parte di Anpal Servizi, che nemmeno avrebbero dove sedersi nelle sedi dei centri per l’impiego) si è giunti ad un compromesso.
Anpal Servizi di navigator precari (in attesa di navigator che un domani li aiutino a stabilizzarsi) ne assumerà 3.000, ma non per svolgere funzioni proprie delle regioni, cioè gestione diretta di politiche attive per il lavoro, bensì per prestare “assistenza tecnica” ai centri per l’impiego, qualunque cosa voglia dire.
In compenso, scatta un “potenziamento dei centri per l’impiego”: l’ennesimo, dopo quello promesso dal ministro Giuliano Poletti (1.600 assunzioni a tempo determinato, aspettate da 3 anni e fin qui mai viste), e dopo quello disposto dalla legge di Bilancio 2019, che consente alle Regioni di assumere 4.000 dipendenti. Il terzo “potenziamento” prevede altre 7.600 assunzioni.
Come dice, Titolare? “Ottimo”? Certo, sulla carta va benissimo. Se non fosse per un problema non trascurabile, già evidenziato poco fa: ammesso che davvero, come previsto dall’accordo Stato-Regioni, nel 2021 tutto questo personale sia davvero reclutato, come non si sapeva dove far letteralmente sedere i 6.000 precari Anpal, allo stesso modo non si sa quali sedie e scrivanie dare ai 13.200 neo assunti (più gli altri 3.000 co.co.co. di Anpal Servizi).
Già, perché i centri per l’impiego dispongono di sedi del tutto insufficienti, messe a disposizione dai comuni, spesso di malavoglia e con poca disponibilità ad una manutenzione appena sufficiente, e tarate su una dotazione di personale largamente inferiore a quella che a regime deriverebbe dal “potenziamento”.
Questo non dovrebbe prescindere, quindi, da un intervento deciso di carattere patrimoniale, finalizzato ad attribuire alle regioni, o agli enti regionali competenti in materia di politiche del lavoro, la proprietà degli immobili o, comunque, una gestione diretta, che non sia mediata da rapporti non di rado difficili con i comuni, così da consentire ai titolari delle politiche del lavoro investimenti e piani logistici conformi e simmetrici al potenziamento.
Ma, Titolare, i conti con la realtà non finiscono qui. Assumere i 4.000 dipendenti già previsti dalla legge di Bilancio 2019 e gli altri 7.600 indicati dall’accordo Stato-Regioni (sempre incombendo i 1.600 tempi determinati attesi del 2016) non è cosa semplicissima.
Si sa, i tempi dei concorsi non sono brevi, fisiologicamente. Il Governo, allo scopo di abbreviare i tempi e consentire comunque concorsi meno influenzabili da “pressioni” locali, con la legge di Bilancio ha pensato di centralizzare le procedure concorsuali, anche di competenza di regioni ed enti locali. In realtà, la centralizzazione aspetta un decreto attuativo, ancora non adottato.
Simmetricamente, sempre il Governo ha pensato bene anche di chiudere col precariato indotto della proroga infinita delle graduatorie dei concorsi, impedendo alle amministrazioni pubbliche di scorrerle per chiamare gli idonei, mediante un piano graduale: si azzerano gli scorrimenti delle graduatorie antecedenti il 2010, per poi a regime, tra qualche anno, consentire solo le assunzioni dei vincitori di concorsi che non prevederanno idonei.
Certo, Titolare, Ella sta pensando che si tratta di una misura giustificata da idee di razionalizzazione, che per altro tende da un lato a valorizzare i concreti vincitori dei concorsi e a non illudere chi comunque non si piazza nei posti in graduatoria utili per l’assunzione.
Tuttavia, mentre il sistema centralizzato dei concorsi è ancora tutto da costruire e da testare (l’esperienza della centralizzazione degli appalti è estremamente negativa e sconsiglierebbe di insistere sull’esperimento, ma non di rado gli slogan prevalgono su logica ed verifica dei fatti), assumere decine di migliaia di dipendenti in via d’urgenza, come richiede il potenziamento dei centri per l’impiego non è facile.
Quindi, qual è la soluzione, Titolare? Risposta esatta: l’accordo Stato-Regioni prevede una bella deroga al divieto di scorrere le graduatorie degli idonei. Quindi, si consentirà alle Regioni, per fare presto, di non indire nuovi concorsi ma di attingere a graduatorie precedenti.
Cosa aggiungere, Titolare? Almeno due considerazioni. La prima: come si nota, legiferare per prese di posizione preconcette (“centralizzare!”; “abolire gli idonei!”) non è mai del tutto prudente e saggio, perché la realtà e le esigenze concrete sono, per solito, più sfaccettate e complesse dello slogan.
La seconda: la fretta non di rado è cattiva consigliera. La scelta di consentire alle regioni di assumere gli operatori dei centri per l’impiego scorrendo le graduatorie, così da evitare le forche caudine dei concorsi, si scontra anche in questo caso con un dettaglio non indifferente: è praticamente certo che le regioni non dispongano di graduatorie di concorsi effettuati in passato per selezionare operatori dei centri per l’impiego.
Infatti, a seguito del disastro istituzionale avviato dalla riforma Delrio delle province, il passaggio delle competenze dei centri per l’impiego dalle province (che non assumevano da anni ed anni e comunque almeno dal 2012, per effetto della manovra economica Monti) alle regioni si è compiuto solo lo scorso anno. Difficile, quindi, se non impossibile che le regioni abbiano attivato concorsi per assumere figure specificamente esperte nelle funzioni dei centri per l’impiego.
Verosimilmente, quindi, lo scorrimento delle graduatorie finirà per coinvolgere persone reclutate per altri “mestieri” o profili professionali. Dunque, il “potenziamento” dei centri per l’impiego avverrà con personale non specificamente orientato alle funzioni del mercato del lavoro e richiederà un’imponente, quanto lunga, attività di formazione professionale.
Come dice, Titolare? Si scopre, quindi, che un serio piano di potenziamento deve essere almeno triennale, deve tenere conto non solo delle risorse di spesa corrente ma anche di quelle in conto capitale e logistiche, deve tenere conto dei tempi del reclutamento del personale e delle esigenze di formazione degli operatori? Eh già: una scoperta proprio originale, che nessuno avrebbe mai potuto immaginare, non trova?
A me sorge spontanea soprattutto una domanda, in questo quadro desolante dipinto da Luigi: che faranno i poveri navigator? Prenderanno uno stipendio per due anni per capire chi sono? La cosa non sarebbe comunque male, intendiamoci. A parte ciò, si conferma ad abundantiam che l’intero castello del reddito di cittadinanza è solo un artificio per pagare un sussidio incondizionato, sin quando ci saranno fondi (a deficit) a cui “attingere”. Inclusa la ridicola finzione sugli “specialisti” che, dall’alto di competenze che nulla c’entrano, dovranno “orientare” i richiedenti lavoro; il tutto, prescindendo da quanto potrà (non) esserci dal lato dell’offerta. Se poi, per puro accidente, dovesse presentarsi qualche opportunità d’impiego “congruo”, tranquilli: ci sarà modo per neutralizzarla. (MS)