Oggi l’Office for National Statistics britannico (ONS) ha pubblicato alcuni dati molto interessanti, riferiti ai conti nazionali del quarto trimestre 2018. Da essi si evince che le famiglie britanniche continuano ad indebitarsi su base sostenuta, ormai ininterrottamente dal referendum sulla Brexit (ricordate? Pare passata un’era geologica, eppure sono solo tre anni o poco meno). Fiducia nel luminoso futuro o inconsapevolezza dei rischi?
Nel quarto trimestre 2018, le famiglie britanniche sono risultate prenditrici nette di fondi a debito, una tendenza iniziata nel quarto trimestre 2016. Lo sbilancio, pari allo 0,8% del reddito nazionale, è però risultato in calo grazie al sostenuto aumento dei salari nello stesso trimestre. Quest’ultimo è l’effetto di condizioni del mercato del lavoro molto robuste, malgrado la forte incertezza legata alla Brexit.
Anche grazie a questo aumento dei salari, nel trimestre il tasso di risparmio risale dai minimi storici segnati di recente, ma continua ad essere estremamente basso:

Questo crollo del tasso di risparmio, che praticamente coincide con l’esito del referendum, trova la sua immagine speculare in un forte aumento dell’indebitamento delle famiglie, che da un paio d’anni stanno attingendo ai risparmi e accendendo prestiti, come indica il commento dell’ONS, asciutto ma molto significativo:
In 2016, evidence suggests that households turned toward long-term loans (such as credit cards) and the disinvestment in mutual funds to fund growing expenditure during the squeeze on disposable incomes.
In 2017 and 2018, evidence shows a sharp drop in deposits made to UK banks by households, as they returned to pre-2016 levels. However, the net acquisition of long-term loans and the disinvestment in mutual funds continued throughout this period.
Se preferite le immagini, ecco quello che fa per voi:

Impressionante, non trovate? Sia l’istogramma blu che la linea gialla. Come interpretare questi dati? Molto semplice: che, malgrado l’alto tasso di occupazione, le famiglie britanniche faticano sempre più a reggere il loro tenore di vita, e devono puntellarlo decumulando risparmi e facendo debiti. Una situazione del genere, ovviamente, non è destinata a durare indefinitamente. Né si può dire che le famiglie britanniche siano talmente fiduciose nel futuro da tagliare drasticamente il tasso di risparmio. Non mi risulta che nel Regno Unito siano stati scoperti di recente giacimenti di qualcosa di prezioso.
Più in generale, è importante segnalare che tutti i tre settori dell’economia britannica vivono a debito. Di conseguenza, l’unico modo per non fermare la musica è quello di importare capitali dall’estero. Anche qui, finché dura:
The UK’s current and capital account deficit with the rest of the world (that is, its net borrowing position) widened in the latest quarter to 4.6% of GDP; up from 4.5% in Quarter 3 2018. It was last highest in Quarter 3 2016 when the UK were net borrowers from the rest of the world at 6.5% of GDP.
In the latest quarter, the small increase in UK’s net borrowing with the rest of the world is mainly due to an increase in the net outflow of dividends paid out to foreign investors. Furthermore, the UK’s trade deficit with the rest of the world widened by £0.6 billion as improvements in the trade in services balance were more than offset by a worsening in the trade in goods deficit.
Quindi, il deficit di conto capitale e partite correnti (cioè l’indebitamento netto del paese) nel quarto trimestre 2018 tocca ben il 4,6% del Pil. Domanda: in caso di Hard Brexit che accadrebbe, con simili valori di indebitamento sull’estero? Ve lo diciamo noi: grossi guai. Ma anche in caso di Brexit ordinata ci sarebbe poco da stare allegri, visto che non sarebbe comunque un contesto ideale per gli investimenti, con quelli esteri in ritirata e quelli domestici congelati dall’incertezza.
Coerentemente con quanto abbiamo visto in Europa continentale, e soprattutto nella Penisola sovrana alla deriva nel Mediterraneo, nel quarto trimestre 2018 la gelata degli investimenti si è già palesata, ma questo è da considerare il prevalente frutto di condizioni globali, non specifiche a UK.
Come sintetizzare, quindi? Che, dopo il forte deprezzamento della sterlina a seguito del referendum, i redditi reali delle famiglie britanniche sono stati fortemente compressi, prolungando quel fenomeno di depauperamento in atto dalla Grande Recessione iniziata nel 2008, e che ha portato i redditi reali britannici a contrarsi più di quelli di ogni altro paese Ue, eccetto la Grecia.
Ma l’occupazione non ne ha risentito, anche se evidentemente si tratta di una occupazione non particolarmente “ricca”. Nel frattempo, come detto, i tre settori dell’economia nazionale hanno continuato a indebitarsi, cioè a importare capitali esteri. Siamo sempre nell’ordine di un 5% medio annuo di indebitamento estero addizionale:

L’economia britannica, col suo forte e persistente squilibrio nei conti con l’estero e conseguente lievitazione dell’indebitamento, arriva quindi all’appuntamento con la Brexit (se mai ve ne sarà una), nelle peggiori condizioni possibili. Una sola parola: auguri. Anche a quegli scienziati italiani che riescono a vedere nel Regno Unito delle condizioni per noi “invidiabili”.