Gabanelli e la tassa sulla logica

Sarà che sto invecchiando, sarà che mi rendo conto ogni giorno di più dei rischi della ripetitività e che quindi voglio evitare di ridurmi come alcuni più o meno noti commentatori, quelli che vivono nell’attesa di poter scrivere o pronunciare davanti ad una telecamera la fatidica frase “il governo è andato sotto!”, salivando copiosamente, ma confesso che sto seguendo sempre meno la compagnia di giro della nostra “classe verbale”.

Che poi sarebbero i politici ed i giornalisti che fan loro codazzo o fingono di stare dalla parte della ‘ggente, sempre intenti a trovare proiettili d’argento per salvare il paese. A quest’ultima categoria, che definirei dei “coltellini dell’esercito svizzero” appartiene da decenni Milena Gabanelli. Sempre pronta a spiegare cosa non funziona e a scodellare soluzioni definitive, senza apparente sforzo.

La complessità del mondo alla Gabanelli fa notoriamente un baffo. Lei si mette davanti ad una telecamera, elenca puntigliosamente quello che non funziona e poi, con più o meno ampie volute delle braccia, spiega come risolvere. Credo non fosse un caso se la Gabanelli ha vinto, un’era geologica addietro, il prestigioso Premio Rousseau per il miglior presidente della repubblica in potenza, conferitole dal militante ignoto pentastellato. Infatti, chi meglio di lei incarna la filosofia esistenziale di “soluzioni semplici a problemi complessi” che tanto scalda i cuori del popolo stressato?

Dicevo che non sto più seguendo con la stessa caparbietà questo mulinello di eventi epocali; quelli che, come disse il noto filosofo bolognese Danilo Masotti, “e poi il giorno dopo non succede mai un cazzo”, e neppure il contorno della rutilante giostra di soluzioni chirurgiche, del tipo a laser, per rimuovere evasione, corruzione, scoppio e scarico dalla nostra meravigliosa penisola, così vogliosa di apprendere sull’internèt, che ha ormai sostituito il cuggino. E, a dirla tutta, Gabanelli è ormai da tempo la cuggina d’Italia. 

Chi invece prosegue tetragono nella sua attività di scopritore di bizzarrie (per gli anglofili, bullshit hunting) è il tignoso Luciano Capone. Che ha portato alla luce un commento di Gabanelli sulla “lotta al contante”, nuova pietra filosofale del nostro discorso pubblico, di cui Gabanelli è da sempre indefessa alchimista. Mentre prosegue di gran lena il processo di mostrificazione delle banconote, e presto tutti quelli che ne fanno uso verranno additati come delinquenti abituali, la creatrice di Report aggiunge di suo alla proposta del Centro Studi Confindustria di tassare i prelievi eccedenti la “modica quantità” di 1.500 euro mensili. 

Quindi, vediamo: secondo Gabanelli “Non bisogna tassare solo il contante che prelevi ma anche quello che depositi, altrimenti l’operazione è monca”.

Uhm. Ma che facciamo -ad esempio- con gli esercenti pagati in contanti e che vanno a depositare in cassa continua l’incasso della giornata? Sono da considerare correi dell’orrido reato di utilizzo del contante? Ma soprattutto: a Gabanelli non sorge il sospetto che questo sarebbe un potente disincentivo a immettere denaro nel circuito bancario, dove diverrebbe comunque tracciabile, in un modo o nell’altro? Vai a saperlo. 

C’è da segnalare che, poiché una grande idea non muore mai ma al limite resta in archivio a disposizione dei volenterosi posteri, già nel lontano 2012 Gabanelli aveva proposto di punire i depositi di contante, esattamente come i prelievi, escogitando un “ingegnoso” sistema di cashback fiscale:

Ma come fare a rendere preferibile un pagamento tracciabile? Applicando a tutti i prelievi e depositi di contante una tassa del 33%, che però viene contemporaneamente restituita sotto forma di sgravio fiscale, per i primi 150 euro al mese a testa, quello che serve cash per le piccole spese quotidiane, come l’autobus, il giornale o il parcheggio. 

La riprova che questo neghittoso paese insiste a non ascoltare i propri figli migliori. Un vero peccato, però: avrei voluto vedere i sudditi ad andare a comprare caffè, cappuccino e giornale con un “credito d’imposta”, immagino su una tessera magnetica caricata da remoto dall’Agenzia delle Entrate. In omaggio, un braccialetto elettronico per ognuno. Altro che Alexa e Google Home.

Del resto, con quel proiettile d’argento, Gabanelli aveva già illustrato la sua visione del mondo, da grande anticipatrice e creatrice di tendenze:

Ricordo che solo tre categorie umane non possono fare a meno del contante: lo spacciatore, il delinquente, l’evasore.

Tornando al presente, e volendo scimmiottare la proposta del Centro Studi Confindustria, prima di arrivare a rendere penalmente rilevante la detenzione di banconote per qualsiasi importo (tolleranza zero), forse bisognerebbe giungere alla conclusione che servirebbe in realtà incentivare i depositi di contante. Ma allora, perché non prevedere un bonus del 2% per chi versa contante? Ecco la misura simmetrica e complementare al disincentivo al prelievo. 

E la copertura? Beh, possiamo finanziare la misura con il gettito della penalità per i prelievi, no? E se non bastasse? Aspetta, fammi pensare…ci sono! Facciamo una grande lotteria delle distinte di versamento, con in palio ricchi premi. Che dite, può andare? Affare fatto, allora: mando il suggerimento alla Gabanelli, che ve lo illustrerà in uno dei suoi prossimi interventi su come riparare il mondo in poche mosse e senza sudare. Ed in omaggio, uno stock di crediti formativi in discipline di arti, musica, spettacolo e logica. Per evitare di farsi tassare a sangue quest’ultima.   


P.S. Della serie “dio benedica l’archivio” ma anche “give credit where credit is due“, ringrazio l’imprescindibile Next Quotidiano, che mi ha fatto scoprire la proposta gabanelliana della tassa del 33% su prelievi e depositi.

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