La sentenza della Corte costituzionale federale tedesca è un evento che potrebbe causare movimenti di faglia in tutta Europa, su più livelli. Chiedendo a parlamento e governo tedesco di verificare la persistenza della “proporzionalità” delle azioni della Bce dall’inizio del QE, la corte di Karlsruhe ha soprattutto gettato un guanto di sfida alla Corte di Giustizia Ue, accusata di aver avallato, a fine 2018, il PSPP sulla base di motivazioni pressoché inesistenti e senza aver realizzato alcun test dell’esistenza di tale proporzionalità. In pratica, quindi, mostrandosi supina ed acquiescente all’Eurotower.
Di certo la durata del programma di acquisti rappresenta un problema visto che, anche prima della pandemia, il QE era ormai divenuto una componente stabile del panorama della politica monetaria dell’Eurozona. La sentenza non riguarda il programma anti pandemia PEPP ma è del tutto evidente il contrario, in termini politici e di mercato.
Non sappiamo ancora come si strutturerà la “interlocuzione”, e per mano di quali soggetti. La Bce pare non risponderà direttamente ad una corte costituzionale nazionale, e potrebbe delegare a ciò la Bundesbank, che a sua volta dovrebbe presentarsi davanti al parlamento tedesco. Dopo di che, come verrà valutata la risposta ottenuta? Già questo è sufficiente a causare un forte aumento di incertezza e sonni problematici a quanti, in Italia, si erano già messi in tasca un PEPP raddoppiato ed oltre, per assorbire tutte l’emissione extra di debito.
Suscita perplessità, semmai, che i giudici costituzionali tedeschi vogliano il test di proporzionalità degli effetti di politica monetaria richiamandosi agli impatti dei tassi su remunerazione dei risparmiatori, banche, assicurazioni, mantenimento in vita di aziende zombie e così via. Ovvio che la politica monetaria abbia “effetti collaterali” che spesso non sono neppure da considerare tali. Ragionando come i giudici tedeschi, ogni corte costituzionale nazionale potrebbe aver da dire sugli effetti di un rialzo dei tassi, e così via.
Ma questa sentenza svela quello che sappiamo da tempo: non solo aziende zombie ma anche il rischio di un paese zombie. La “questione italiana” è ormai l’elefante nella stanza. Verosimile che stia crescendo il numero di paesi le cui opinioni pubbliche pensano che con l’Italia i conti vadano regolati con una ristrutturazione del nostro debito pubblico. Un Grande Reset, e si riparte.
Poi ci sono gli effetti centrifughi causati sull’ordinamento Ue da una simile sfida di una corte costituzionale nazionale alla Corte di Giustizia Ue: paesi come Ungheria e Polonia, che menano vanto di essere ossimoriche “democrazie illiberali”, troveranno forza da questo pronunciamento. Certo, questo potrebbe essere anche obiettivo strategico dei sovranisti-nazionalisti di vari paesi: una grande implosione e decostruzione della Ue, vista da qualcuno come opportunità per tornare a valute nazionali.
I teorici italiani di questa “rivoluzione” sono facilmente identificabili, anche se fin qui si sono limitati a giocare nelle loro bolle social e non hanno dovuto affrontare controlli sui movimenti di capitale, bancomat spenti, moti di piazza. Anche perché, a dirla tutta, i loro leader non paiono aver esattamente gli attributi per pilotare eventi cataclismici di questo tipo.
Buon ascolto.
Perché la “sfida” alla Corte di Giustizia Ue da parte di una corte costituzionale nazionale è percorribile, secondo Karlsruhe:
If any Member State could readily invoke the authority to decide, through its own courts, on the validity of EU acts, this could undermine the precedence of application accorded to EU law and jeopardise its uniform application. Yet if the Member States were to completely refrain from conducting any kind of ultra vires review, they would grant EU organs exclusive authority over the Treaties even in cases where the EU adopts a legal interpretation that would essentially amount to a treaty amendment or an expansion of its competences. Though cases where EU institutions exceed their competences are exceptionally possible, it is to be expected that these instances remain rare due to the institutional and procedural safeguards enshrined in EU law. Nevertheless, where they do occur, the constitutional perspective might not perfectly match the perspective of EU law given that, even under the Lisbon Treaty, the Member States remain the ‘Masters of the Treaties’ and the EU has not evolved into a federal state (cf. BVerfGE 123, 267 <370 and 371>).