Non conosciamo il gup di Milano, Clementina Forleo, che ha mandato assolti dall’accusa di terrorismo internazionale cinque maghrebini accusati (accuse confermate) di avere organizzato campi militari nel nord dell’Iraq e di avere svolto attività di arruolamento di aspiranti kamikaze. Si tratta di fatto della sconfessione della linea investigativa dell’ex pm Stefano D’Ambruoso, da poco diventato consulente presso la sede di Vienna dell’Onu per le questioni giuridiche legate al terrorismo internazionale. Colpisce la motivazione utilizzata dal gup per il proscioglimento. Riconoscendo che gli imputati “avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell’Iraq“, e anche che, a tal scopo
“erano organizzati sia la raccolta e l’invio di somme di denaro, sia l’arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista”, ma “non risulta invece provato – aggiunge il giudice – che tali strutture paramilitari prevedessero la concreta programmazione di obiettivi trascendenti attività di guerriglia da innescare in detti (cioè in Iraq, ndr) o in altri prevedibili contesti bellici, e dunque incasellabili nell’ambito delle attività di tipo terroristico”.
Singolare capziosità o interpretazione stilisticamente elegante e logicamente ineccepibile dell’attuale quadro legislativo italiano, tuttora caratterizzato dalla sostanziale assenza di una legislazione che recepisca le nuove situazioni internazionali? Se la linea editoriale di questo sito fosse di tipo feltrian-leghista, cioè sbrigativa al limite della brutalità, potremmo augurare alla dottoressa Forleo che nessun suo congiunto si trovi ad essere mai coinvolto, magari per le strade di qualche città italiana, in un attentato terroristico (pardon, in attività “resistenziale” in trasferta) di matrice islamista. Se, parimenti, fossimo guidati da riflessi condizionati avversi all’ordine giudiziario, potremmo sostenere che questa ordinanza rappresenta l’ennesima aberrazione ideologica di un giudice che, cantando “bella ciao”, di fatto definisce “resistenza” quella che resta un’attività eminentemente terroristica, come dimostrano le innumerevoli vittime civili dei kamikaze (la stragrande maggioranza delle vittime in Iraq), e che la persistente ideologizzazione, peraltro unidirezionale, nell’interpretazione delle leggi da parte di settori purtroppo non minoritari della magistratura sta provocando un intollerabile inquinamento della vita pubblica e civile di questo paese. Poiché noi non siamo né militanti leghisti né falchi anti-giudici, ci limiteremo ad osservare, a livello contingente, che l’Italia farebbe bene a dotarsi il più rapidamente possibile di una legislazione “modernamente” antiterroristica, non avendolo di fatto ancora realizzato, ad oltre tre anni dall’11 settembre; mentre a livello non contingente appare in tutta la sua urgenza l’esigenza di introdurre meccanismi per circoscrivere la “creatività interpretativa” e l’apparentemente crescente gusto del paradosso che caratterizza sentenze ed ordinanze dei giudici. Le leggi sono e restano astrazione, e non potrebbe essere diversamente, ma il culto per le aporie e i paradossi impregnati di ideologismi conducono alla disgregazione della vita civile di un paese.