Affirmative Action alle vongole

La sera della vittoria di Nichi Vendola alle regionali pugliesi, una legittimamente raggiante Lucia Annunziata ha affermato che, con la vittoria dell’esponente di Rifondazione comunista, si è compiuto un fatto storico, perché Vendola rappresenta il “primo omosessuale dichiarato che diventa governatore”. Affermazione vagamente americaneggiante, che ci riporta alla mente le distorsioni e i guasti prodotti in quel paese dalla Affirmative Action, cioè la possibilità per le minoranze (nel caso americano quelle etniche, razziali e di genere) di poter beneficiare di un’ampia gamma di programmi finalizzati a correggere gli effetti delle passate discriminazioni, in prevalenza attraverso un sistema di quote riservate all’occupazione.
L’affermazione della Annunziata a noi è parsa del tutto fuori luogo: quello che dovrebbe contare, in una elezione, è la capacità amministrativa e progettuale del candidato, non le sue inclinazioni sessuali e più in generale la sua vita privata. Vedremo a breve Vendola alla prova dell’amministrazione della quotidianità, e della dura legge della copertura finanziaria, quando tenterà di tradurre in pratica concetti quali il reddito di ultima istanza. Per il momento, vorremmo segnalare il processo di canonizzazione in vita di Vendola, compiuto dai media di progresso. Vendola il fervente cattolico, Vendola il poeta, Vendola che soffre fisicamente per i mali del mondo, Vendola ritratto nei manifesti elettorali con la sua mamma. Una sorta di Zelig ad alto tasso glicemico, la rappresentazione vivente delle virtù tipiche di un paese di eroi, santi e navigatori, siano essi gay o etero. Poiché il tratto distintivo di questo sito è l’insofferenza per i luoghi comuni, e soprattutto per la loro perniciosa variante, il luogocomunismo, vorremmo ripubblicare un commento di qualche mese fa, apparso sul Bestiario di Giampaolo Pansa, esempio di elettore ulivista intelligente, raziocinante, non settario né dogmatico, candidato naturale ad essere additato al pubblico ludibrio progressista per conclamata intelligenza col nemico:

Nichi il gentile? Leggete un po’ qui

Fassino, D’Alema, Cossutta , Bonino, Segni, Manconi… Così li descriveva l’aspirante governatore

Chi è per davvero Nichi Vendola, vincitore delle primarie uliviste in Puglia? È un piacione al cubo, ben più del guaglione Rutelli? È il Mago dell’Armonia, capace, come gli chiede Piero Fassino, di creare attorno a sé il consenso più largo? Per offrire un aiutino ai capi della Gad, andiamo a rileggere qualche puntata della rubrica che l’onorevole Vendola teneva su ‘Liberazione’: ‘Il dito nell’occhio’. Un dito? Diciamo ditate, unghiate, manate, ceffate. Tutta merce autentica, by Nichi, di un’annata presa a caso, il 1999. Con la guerra contro Slobo Milosevic. E l’Ulivo al governo, presidente Massimo D’Alema.

La specialità di Nichi era il giudizio al curaro sui politici che considerava nemici. Armando Cossutta? “Il cappellano militare”, “un esempio di cinismo incarnato nella liturgia levantina del mentire”, “l’ipocrisia eletta a scienza, a metodo, a progetto politico”. Nessuno come lui “sa tradire se stesso, la propria storia, i propri compagni, senza neppure inarcare il sopracciglio, senza abbassare il volume della tromba”. Il Cossutta “si dice la verità da solo, si mente da solo, si celebra da solo, si seppellisce da solo”. E infine: “Armando, voce del verbo armare”.

Non è meglio Max D’Alema. “Grevemente atlantico. Cinicamente spoglio di dolore. Goffamente demagogico. Spocchia da statista neofita. Disinvoltura da giocoliere. Un dire frigido e maestoso”. Insomma, “un D’Alema livido come i neon del metrò”. Piero Fassino, in compenso, “blatera, come un’aringa, scempiaggini cingolate e mortali”. Umberto Ranieri, altro vip dei Ds, “parla come un caporalmaggiore della Nato”. È meglio lui “o quel caporalmaggiore di se stesso che è diventato il derelitto Marco Rizzo?”.

Sempre il Rizzo, “che fu esimio studioso dei Bignami del marxismo leninismo”, si è convertito “alle citazioni di Nostradamus. Domani vedrete che citerà Padre Pio e la Madonna di Lourdes: certi peccatori sono capaci di tutto”. Antonio Di Pietro “ha una caratura mussoliniana”. Lamberto Dini, “il noto venditore di tappeti”, resterebbe al governo pure con Gengis Khan. Carlino Scognamiglio, ministro della Difesa, “è un bismarckiano in guanti bianchi che vive con eccitazione il suo ruolo involontariamente storico”. E Luigi Manconi, deputato verde, “è il Peter Pan del centro-sinistra e mostra una qualche propensione bisessuale: lui diserta sia la guerra che la pace!”.

Oliviero Diliberto, ministro della Giustizia, “prende le distanze dalla guerra senza prendere la distanze dalla sua poltrona”. Non vuole dimettersi neppure Marco Minniti, “il gemello cattivo di Marco Rizzo”. Mario Segni è “vanesio e iperbolico come un signorotto spagnolo, utile e necessario quanto la tigna o la rosolia. Perché a noi è toccata la malasorte di essergli contemporanei?”. Quanto a Gad Lerner, lui fa “una squallida contro-pulizia etnica”, è “un Pinocchio che ci diffama, definendoci amici di Milosevic e alleati delle più torbide destre scioviniste”.

E ancora sul paparino di un tempo, l’Armando: “I cetnici di Cossutta si riuniscono nuovamente in conclave per deliberare svolte epocali. Ma le lettere di dimissioni le tengono sempre in tasca, questi ministri cosiddetti comunisti. Mi chiedo come ho potuto condividere giorni e anni della mia vita con queste maschere che non fanno ridere. Si agitano come anime del Purgatorio. Sanno che finiranno all’inferno”.

Scrive il furente Nichi: “Se metto insieme i volti della sinistra di guerra e le immagini di quelle terre slave incendiate dai bombardamenti atlantici, mi viene in testa un libro-cult della mia generazione: ‘Porci con le ali’. Questo establishment ‘sinistro’, al governo e alla Rai, ha portato i porci e le ali nelle basi Nato, e poi nei cieli adriatici, verso la conquista di un posto al sole o perlomeno all’ombra delle nuove piramidi americane”.

Ma il deputato Vendola dà il meglio di se stesso su Emma Bonino. ‘Un uomo chiamato Emma’ è il titolo dell’11 aprile 1999. “Emma è un uomo di rara furbizia e di rocambolesco cinismo”. “Si veste come un monaco tibetano, ma ragiona come un funzionario modello della Cia”. “Lui, il Bonino, ama la guerra condita con ironiche citazioni di Gandhi”. “Commissario della polizia europea, predica la non violenza dei Mirage e dei B52”. “Gli piacciono le stragi ornamentali e le carneficine umanitarie”. “È un terrorista dell’Uck o della Casa Bianca, travestito da carmelitano scalzo col paracadute”. “Una vipera con la faccia di colombella, il soldato Emma Bonino. Con la tessera della Nato in tasca e con il cuore nel portafoglio”.

Come definirlo un politico capace di parlare così? Un comunista gentile, oppure un tipo dal pensiero violento e dal linguaggio stridulo? Se la vedano i capi della Gad. Il Bestiario li aveva consigliati: lasciate al loro destino Rifondazione e i suoi Vendola. Non l’hanno fatto. E adesso, con questo candidato-governatore, cominciano a grattarsi i danni iniziali. Meglio non immaginare che cosa accadrà dopo.

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