Gianni Alemanno è talmente ansioso di ricostituire munizioni per alimentare il sottobosco elettorale ed elettoralistico del proprio partito, che non perde occasione per sbandierare ai quattro venti la propria ricetta di politica economica: aumentare la tassazione sulle attività finanziarie, che la vulgata propagandistica tradizionale definisce, da sempre, “rendite”. Anche stasera, nel corso di Ballarò, l’esponente della “destra sociale” di An non si è smentito: pesantemente rimbrottato nei giorni scorsi per aver cercato di sostituirsi a Siniscalco, sconfessato a più riprese dalle prese di posizione di Berlusconi, questa volta ha usato il suggerimento subliminale:
“La copertura del decreto legge sull’Irap sara’ attuata con i tagli alle spese, con uno spostamento della pressione fiscale e con la lotta all’evasione fiscale. Bisogna fare in modo che la leva fiscale sia orientata per favorire comportamenti virtuosi”
Ora, la lotta all’evasione fiscale era un vecchio mantra dei governi del pentapartito in quella Prima Repubblica di cui ora stiamo giocando il secondo tempo. Serviva per iscrivere a bilancio le entrate (aleatorie) necessarie alla copertura di leggi di spesa (certe), e rispettare formalmente il vincolo stabilito dall’articolo 81 della Costituzione. Lo “spostamento della pressione fiscale” significa, verosimilmente, che debbano essere aumentate le aliquote sui redditi da capitale, le famigerate “rendite”. Ma potrebbe anche significare un inasprimento dell’Iva, una mossa che potrebbe avere senso e significato solo se introdotta parallelamente a riforme che liberalizzino pesantemente ampi settori del commercio e dei servizi (inclusi quei mostruosi cartelli medievali noti con il nome di tariffari dei professionisti). In tal modo, alla riduzione di prezzi e tariffe, ed all’aumento dei consumi, variabile in funzione dell’elasticità della domanda al prezzo, sarebbe anche possibile aumentare le aliquote Iva ed ottenere un aumento di gettito fiscale. Dubitiamo fortemente che l’empito “liberista” di questo governo si spinga a tanto. In caso di mantenimento dello status quo anticompetitivo di questo paese, e di aumento della tassazione indiretta, l’effetto finale sarebbe rappresentato da un’ulteriore depressione di consumi già agonizzanti, con successivo crollo del gettito fiscale, apertura di nuovi buchi di bilancio ed immediata assegnazione del Nobel per l’economia ad Alemanno & sodali. Più inusitato, per il Dna politico di Alemanno, è il concetto di “tagli di spesa”, sul quale attendiamo che la sua esuberante loquacità da apprendista policymaker ci illumini, anche se immaginiamo che si tradurrà in rinvii di spese e/o anticipi di entrate per rispettare, sempre formalmente of course, il vincolo di spesa. Gran brutta bestia, ‘sta economia, e pure molto vendicativa: non tollera imbonitori, affabulatori ed incantatori di serpenti, ai quali trova sempre il modo di farla pagare molto cara. Mentre il premier armeggia con gli alambicchi del moderatismo, ricordi di non perdere di vista la propria compagnia di giro.