Convivialità istituzionale

Quale è la cosa su cui, in Italia, destra e sinistra proprio non riescono a litigare? Una cosa capace di catalizzare quella concordia, “per il supremo bene del Paese”, che tanto piace ai buoni sentimenti ed al ruolo istituzionale di ogni presidente della repubblica che si rispetti? Quella cosa che accomuna notabili e capibastone, soprattutto nelle regioni meridionali, dove l’ideologia, contrariamente al proprio etimo, non si alimenta delle idee ma di qualcosa di molto più tangibile? Tra le tante, possibili definizioni, a noi piace molto quella di “convivialità istituzionale“. Ricorda le tavole imbandite, le ritualità del desco, quel momento in cui si guarda il mondo con occhio benevolo e ci si lascia alle spalle le piccole e grandi angustie della quotidianità. Se poi il conto del ristorante lo pagano altri, il convivio è ancora più godibile e goduto. Ecco perché siamo quasi stupiti della vivida descrizione non-partisan con cui Repubblica istoria il convivio istituzionale della Regione Calabria: terra di confine, anche se non è molto chiaro con cosa, piagata da una disoccupazione biblica e tra le punte di diamante della critica aspra e marxisteggiante contro l’egoismo economicista e settentrionalizzato che tanti danni ha arrecato alla cultura della socialità, così cara agli Alemanno che crescono e si riproducono ruzzando gaiamente nel Belpaese.

E così, apprendiamo che la fiammante giunta di Progresso calabrese, nata dalla Grande Palingenesi della rivolta civile contro il Tiranno arcoriano, che da anni scuote l’Italia, ha generato una vivacissima democrazia:

I trenta consiglieri della maggioranza sono tutti presidenti di commissione; e chi non è presidente è assessore, e chi non è assessore è capogruppo. Tutti e trenta.
E ognuno finalmente può godere di un autista, di un addetto stampa, di una segretaria, una vicesegretaria, un assistente laureato e uno solo diplomato. Cinque, sei, per i più bravi anche sette persone a struttura, sette contratti, sette impegni lavorativi, sette missioni da affidare. Insomma e dunque: più poltrone per tutti e più lavoro per tutti.

Nell’ultima e più rilevante seduta del Consiglio, la maggioranza di centrosinistra ha calcolato attentamente le risorse in campo e ha promosso, in modo turnario, ogni suo consigliere: io sono presidente e tu vice alla commissione Agricoltura, ma poi io sono vice di te all’Industria. Franco La Rupa è questore ma anche segretario della prima commissione, Cosimo Cherubino è capogruppo socialista e segretario di qualcos’altro. Con questa formula ogni esigenza e ambizione è andata soddisfatta: chi non è entrato al governo guida il gruppo; chi non guida il gruppo guida la commissione.

Liberati da noiose incombenze quali il reperimento delle risorse fiscali per stimolare la crescita economica, molti politici del nostro Mezzogiorno possono così dedicarsi alla costruzione di un ponte tra diverse culture e sensibilità politiche, senza tuttavia ignorare, nel rigoroso rispetto della simbologia che li vuole servitori della Cosa Pubblica, che la preservazione dello status quo fa parte del proprio ruolo istituzionale:

Del resto anche in Campania, nel giardino di casa Mastella, quando marito e moglie sono riuniti per cena, ci sono almeno tre lampeggianti accesi e sei persone che sorvegliano la frittura di calamari.

Anche il mitico ‘O Governatore, se non avesse lo sgradevole contrattempo dello smaltimento dei rifiuti, che tanto keynesianamente contribuisce alla piena occupazione della criminalità organizzata, potrebbe dirsi appagato della dialettica democratica del proprio Consiglio Regionale, presieduto da Lady Mastella, una delle più eminenti figure politiche femminili dei nostri tempi, che è riuscita ad innovare profondamente gli stanchi riti dell’assemblearismo politico:

Pur di tener fede agli accordi bipartisan col centrodestra, i campani hanno ridefinito le procedure per dare impulso e ragioni istituzionali al ruolo del Consiglio. Sono state così istituite, accanto alle sei commissioni permanenti, dodici commissioni speciali, almeno metà delle quali affidate alla cura dell’opposizione. Un bell’esempio di concordia politica. Le commissioni speciali vigileranno un po’ su tutto, e controlleranno ogni atto di Antonio Bassolino, lieto peraltro dell’occhiuto controllo. Nell’ordinata seduta consiliare, guidata con sapienza dalla signora Sandra, solo una voce stonata ha rotto il coro dei consensi.
Quella della diessina Luisa Bossa, già sindaco di Ercolano. La Bossa, dubbiosa, si è chiesta: “Si fa una commissione sul Mediterraneo e un’altra sul mare. Ma in questo modo non sembra che il Mediterraneo l’abbiamo fatto diventare terraferma?”. Al suo dubbio sono seguiti i docili rimproveri di Bassolino: anche tu hai fatto il sindaco, e anche tu sai cosa significa siglare dei compromessi
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Con simili armonie esistenziali, chi ha bisogno di sgradevoli dissonanze quali federalismo e responsabilità fiscale? Ed è certamente di conforto sapere che, nel rispetto delle peculiarità sociali e culturali del nostro meraviglioso territorio, così onusto di storia e tradizioni civiche, le istanze di questo sano localismo possono giungere pressoché intatte al Parlamento nazionale, e divenire oggetto non già di mercanteggiamenti, ché non sarebbe corretto definirli tali, ma di elaborazioni programmatiche destinate a preservare quella coesione sociale che da sempre pone l’Italia al riparo dalle disumanità dei paesi anglosassoni e del loro odioso principio di responsabilità individuale. La saggezza degli Antichi indica la strada: come dicevano molto tempo addietro i nostri vecchi saggi, soprattutto al Sud, esprimendo peraltro quella profonda religiosità così caratteristica del nostro paese, “qualche santo ci aiuterà“.

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