Un recente sondaggio inglese ha incoronato Noam Chomsky come il più importante intellettuale vivente al mondo. Per fornire il proprio contributo alla designazione, Tech Central Station pubblica un estratto del libro di Peter Schweizer Do As I Say (Not As I Do): Profiles in Liberal Hypocrisy. Uno dei temi più ricorrenti nell’opera di Chomsky è la lotta di classe. In più occasioni egli si è scagliato contro l’uso massiccio di forme di elusione fiscale, viste come strumento per spostare l’onere del fisco dai ricchi alla massa della popolazione, che Chomsky quantifica nell’ottanta per cento dei cittadini statunitensi. In particolare, Chomsky sente una forte puzza di zolfo nei trust, ove a suo giudizio verrebbe accatastata la ricchezza del perfido 1 per cento di contribuenti più ricchi. Tra le forme di tax loopholes il trust è certamente tra i più diffusi e Chomsky, il cui patrimonio è stimato in oltre 2 milioni di dollari, ha deciso di assumere uno studio legale specializzato in “income-tax planning” (ogni socialista radicale che si rispetti ne ha uno…) per istituire un irrevocable trust e proteggere i propri averi dalle grinfie dello Zio Sam.
Come noto, Chomsky favorisce l’idea di una vasta redistribuzione del reddito, da ottenere anche per mezzo di un’imposta patrimoniale, non solo di quella sul reddito, preferibilmente di quello altrui. Interrogato da Schweizer circa l’utilizzo di uno strumento come il trust, il Nostro ha risposto di non doversi vergognare per l’accumulazione di un patrimonio da lasciare ai propri figli e nipoti, evidentemente dimentico del fatto che anche tutti gli altri utilizzatori di simili strumenti fiscali d’investimento potrebbero essere mossi dalla stessa amorevole motivazione, oltre che dal desiderio di sottrarre materia imponibile allo Zio Sam. Nei fatti Chomsky, malgrado l’abituale vibrante retorica anti-capitalistica, è in realtà un capitalista di enorme successo, avendo trasformato se stesso in una vera e propria griffe editoriale. Peter Schweizer compulsa il tariffario del guru radical e vi trova compensi di 12.000 dollari a conferenza, 79 centesimi per ogni podcast o file audio in cui egli dispensa pillole di saggezza anticapitalistica, 12.99 dollari per il cd con la raccolta dei precedenti anatemi, pardon discorsi. Ma sono i libri a rappresentare l’indiscusso filone aureo di Chomsky. Si badi, per libri qui si intendono non tanto quelli scritti ad hoc, bensì la rilegatura che racchiude le trascrizioni di discorsi ed interviste, rilasciate nel corso degli anni. Una sorta di marketing multi-level per radicals. Lo stesso Chomsky si bea di essere “una sorta di parassita: vivo dell’altrui attivismo”. La prolificità editoriale post-11 settembre di Chomsky gli è valsa la definizione di “profittatore di guerra”: a causa della forte domanda di mercato per le sue conferenze, Chomsky ha alzato il costo del gettone da 9.000 agli attuali 12.000 dollari; ha realizzato alcuni instant books, messianicamente attesi e feticisticamente esibiti come diademi di Bulgari nei circoli progressisti della Vecchia Europa, ma anche in Canada, Giappone, Nuova Zelanda, India.
Nel corso degli anni, Chomsky è sempre stato particolarmente critico verso il diritto di proprietà, ennesimo strumento a vantaggio degli odiati Ricchi. Né intende salvare dalle fiamme della dannazione capitalistica il diritto di proprietà intellettuale, che egli considera un’odiosa forma di protezionismo. Ma il precetto è sempre applicato alla proprietà altrui. Sul sito ufficiale di Chomsky si può leggere: “Material on this site is copyrighted by Noam Chomsky and/or Noam Chomsky and his collaborators. No material on this site may be reprinted or posted on other web sites without written permission.” Molto abilmente, inoltre, Chomsky ha trasferito i propri diritti di proprietà intellettuale ai figli: in tal modo, i ricavi da essi generati verranno tassati alla verosimilmente minore aliquota marginale dei “giovani” Chomsky, oltre a prolungarne la durata utile di sfruttamento commerciale.
Ma è nella lotta alla Corporate America che Chomsky dà il meglio di sé. L’America soffre sotto il peso delle irresponsabili e mortali regole delle corporations, definite “tirannie private”. Il capitalismo, nelle sue parole, è una “grottesca catastrofe”. Eppure, quando si è trattato di decidere gli investimenti per il proprio piano pensionistico, al MIT, Chomsky non ha scelto un fondo monetario od obbligazionario, ma ha affidato i propri sudati risparmi al fondo azionario TIIA-CREF, che investe abitualmente nell’intero universo di blue chips quotate, incluse quelle di società petrolifere, contractors militari, società farmaceutiche e così via. Interrogato circa questa scelta, Chomsky ha ribattutto di non volersi “ritirare in un capanno nel Montana”. Risposta dialetticamente ineccepibile, che tuttavia tradisce l’ignoranza nell’esistenza dei fondi comuni d’investimento etici e socialmente responsabili, che non sempre (qui dissentiamo da Peter Schweizer) rendono meno dei fondi tradizionalmente e “brutalmente” capitalistici. Ma Chomsky, impegnato a far soldi presidiando strategicamente la nicchia di mercato che genera fatturato demonizzando il medesimo, non si è ancora accorto dell’aporia. Quando ciò accadrà, confidiamo che egli si ricordi di mandare due righe a Beppe Grillo.
P.S. Sempre in tema di investimenti “obliquamente etici”, segnaliamo un’interessante elaborazione di John Allen Paulos, che insegna matematica alla Temple University di Philadelphia, ed è professore aggiunto alla Columbia University. La ricetta di Paulos è semplice: siete sostenitori dell’investimento etico? Investite nelle attività che non conoscono crisi, e sono intrinsecamente anti-etiche: tabacco, alcolici, armi, casinò. Se siete cittadini statunitensi, fatelo con un prodotto come questo. Se le azioni di queste aziende andranno bene, come molto spesso capita, potrete utilizzarne le plusvalenze per fare della beneficenza, secondo i vostri canoni etici. Se queste aziende dovessero andare male, avrete comunque la rilevante gratificazione etica di vedere punite le loro azioni, ancor prima del vostro portafoglio…