In un interessante articolo, pubblicato all’indomani della giornata mondiale di lotta all’Aids, il Guardian riesce a confermare la schizofrenia planetaria della dissociazione tra titolo e contenuto dell’articolo. La Nigeria è uno dei paesi africani più ricchi, dispone di una leadership politica (quella del presidente Obasanjo) rispettata ed ascoltata dalle Cancellerie occidentali. I due più gravi problemi del paese sono rappresentati da un’elevata incidenza dell’Aids (superata solo da quella che flagella il Sudafrica) e da una corruzione capillare ed ubiqua, che permea ogni struttura politico-amministrativa della grande federazione.
La notizia è che il Global Fund, la più grande agenzia donatrice internazionale per la lotta ad Aids, malaria e tubercolosi, minaccia di revocare gli aiuti, a causa dell’assenza di trasparenza nelle modalità di utilizzo degli stessi da parte del governo nigeriano. Assenza di tracciabilità degli aiuti, mancata istituzione di un sistema computerizzato per rilevare la platea dei destinatari dei farmaci antiretrovirali e la valutazione dei protocolli terapeutici, sono alcune delle accuse mosse al governo nigeriano.
Il Global Fund è stato istituito durante i lavori del G8 del 2001, nel suo board siedono in egual misura rappresentanti di paesi del Nord e del Sud del mondo, imprese farmaceutiche ed organizzazioni non governative.
Eppure, che cosa riesce a scrivere il Guardian? Che i nigeriani, e più in generale gli africani, non riescono ad accedere alle terapie a causa delle ricette liberiste che Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale impongono alle loro economie, e che provocano costi della sanità tali da porre le terapie fuori dalla portata di larga parte della popolazione. Prescindendo dal fatto che, nel caso specifico, stiamo parlando di un paese produttore di petrolio e dotato di ampie risorse naturali, è il caso di segnalare uno studio della Commissione Europea del 2003, che mostra come il governo nigeriano sia perlomeno corresponsabile dell’inflazione dei prezzi dei farmaci importati, imponendo su di essi tariffe doganali ed imposte in misura pari al 34 per cento del loro prezzo medio.
Forse, prima di invocare le responsabilità morali dell’Occidente e del Nord del mondo, che pure esistono, sarebbe meglio analizzare le condizioni economiche ed istituzionali che spesso contribuiscono a determinare distorsioni ed effetti perversi nell’allocazione delle risorse, comprese quelle sanitarie.
P.S. Questo post partecipa allo Sleepy Sunday Open Trackback di Andrea.