In economia, un’esternalità si verifica quando una decisione causa costi o benefici a soggetti diversi dalla persona che ha assunto quella decisione. In conseguenza di ciò, in un mercato competitivo il bene interessato da esternalità verrà consumato troppo o troppo poco. Se le mie azioni forniscono benefici ad altre persone, ed io non sono in grado di farmi pagare per essi, il mio incentivo ad intraprenderle viene meno. Analogamente, se le mie azioni impongono ad altre persone dei costi, dei quali non sono chiamato a rispondere attraverso il pagamento di un indennizzo, mi troverò incentivato a compierli. Questa è la motivazione teorica in base alla quale il governo sussidia o impone la produzione di esternalità positive, attraverso la tassazione, con l’obiettivo di migliorare il benessere della collettività.
Vivere in una società implica necessariamente che le nostre azioni ed i loro esiti abbiano effetto sul benessere altrui. Il punto centrale è che, talvolta, tali esiti hanno un impatto talmente limitato da non richiedere di essere “internalizzati”. L’esternalità può essere sufficientemente piccola che al margine, se fosse internalizzata, non modificherebbe l’esito in termini di benessere. In tali casi, l’azione governativa per internalizzare l’esternalità produrrebbe l’unico effetto di essere redistributiva, senza aumentare l’efficienza. Facciamo un esempio:
Un mio vicino ha un giardino annesso alla propria abitazione. Io traggo beneficio da tale giardino, ma non pago nulla per la manutenzione delle piante. Se esiste una esternalità Pareto-rilevante, il fatto che io non paghi dovrebbe indurre il mio vicino a coltivare un giardino di dimensioni inferiori a quelle che avrebbe avuto in caso di mia partecipazione alla spesa. Ma considerate la possibilità che il mio vicino ami il giardinaggio, e che sia lui quello che trae maggior beneficio netto dalla dimensione originaria del giardino. In altri termini il mio beneficio marginale, indotto dall’esistenza del giardino, è talmente basso che anche se io pagassi il vicino per quel beneficio, ciò non modificherebbe la dimensione che egli desidera per il suo giardino. In questo caso, l’esternalità non è Pareto-rilevante: anche se io pagassi, il vicino non pianterebbe più alberi. I miei pagamenti non modificherebbero quindi l’esito del suo comportamento, ma semplicemente redistribuirebbero reddito da me a lui.
Solo perché un’esternalità esiste, ciò non significa che sia anche rilevante. Se non lo è, ed implementiamo comunque una policy per internalizzarla, tale intervento risulterà redistributivo.
Come individuare, allora, quali esternalità sono rilevanti e quali non lo sono? In un mondo ideale, caratterizzato da diritti di proprietà pienamente definiti ed assenza di costi di transazione, le esternalità rilevanti verrebbero internalizzate attraverso pagamenti compensativi diretti tra le parti coinvolte. Nel mondo reale, tuttavia, un’imprecisa definizione dei diritti di proprietà ed elevati costi di transazione tendono ad oscurare questa relazione.
In linea teorica, occorrerebbe individuare le situazioni in cui i costi di transazione sono abbastanza elevati da causare questo problema, e ridefinire la filosofia dell’intervento pubblico come agente di rimozione/riduzione dei costi di transazione e di migliore definizione dei diritti di proprietà. Si tratterebbe, quindi, dell’evoluzione di una delle funzioni di intervento pubblico nell’economia: tassazioni e sussidi tendono ad essere “catturati” ed orientati dall’attività lobbystica degli special interests, deviando dall’interesse generale, distorcendo l’allocazione delle risorse e creando una costosa complessità legislativa, che tende ad indebolire i diritti di proprietà, alimentando nuovi circoli viziosi ed esternalità. Per questo il compito precipuo del legislatore, in un’ottica liberista, dovrebbe essere quello di fissare e garantire nel modo più definito possibile i diritti di proprietà, e limitare gli attriti allo svolgimento delle transazioni di mercato. Ogni intervento che affievolisce i diritti di proprietà, spesso per malinteso senso della socialità, causa una perdita di benessere per la collettività. Inseguire la logica della tassazione e dei sussidi per creare esternalità positive o compensare quelle negative, vere o presunte, ci riporta alla situazione efficacemente descritta da Peter Geddes:
When we subsidize things that trade in the market, we benefit the well off and well organized at the expense of the most vulnerable members of society. This holds true whether in Bozeman, Boston, or Birmingham. Princeton Ph.D. George Will said it well: “The world is divided between those who do and do not understand that activist, interventionist, regulating, subsidizing government is generally a servant of the strong and entrenched against the weak and aspiring.”
Il tema delle esternalità e della loro gestione, in termini di scelte di public choice ed assetti di mercato, è vastissimo. Trattarlo in modo estensivo richiederebbe spazi e contenuti che esulano da un blog non professionale, quale questo vuole restare. L’intendimento qui è solo quello di ribadire che il ruolo dello Stato, quale entità regolatrice, dovrebbe privilegiare la linearità e la semplicità d’intervento, minimizzando le interferenze con il regolare funzionamento dei mercati, ed agendo successivamente attraverso interventi redistributivi che abbiano carattere universalistico e non particolaristico, e vengano effettuati tramite spesa diretta, e non per mezzo della leva fiscale o dei sussidi. In tal modo, si eviterebbero quei malfunzionamenti del mercato che troppo spesso vengono utilizzati come pretesto ideologico della necessità dell’intervento pubblico anche nella fase della produzione di beni e servizi, e si assicurerebbe anche il controllo democratico su interventi di welfare resi più efficaci ed efficienti.
Come esercizio teorico, provate ad enumerare i casi di politiche pubbliche introdotte e giustificate sulla base di esternalità, e provate ad individuare le esternalità con il segno sbagliato, cioè quelle che giustificherebbero dei sussidi in luogo della tassazione, e viceversa.