Tommaso Padoa Schioppa è un grande tecnico, tra i molti che la Banca d’Italia ha regalato al paese. Ed è anche dotato di una visione politica che si sostanzia in un europeismo convinto ma non dogmatico, pur se nel mainstream di quella che è finora stata la costruzione comunitaria. Da quando è entrato in via XX Settembre, tuttavia, sta sperimentando su di sé gli effetti corrosivi e logoranti del “primato della politica”. Anche per questo i suoi interventi pubblici stanno diventando vieppiù contraddittori. Oggi, nel corso del suo intervento al tradizionale workshop Ambrosetti di Cernobbio (quello dove tutti gli ospiti vengono immortalati mentre passeggiano nel parco con in mano una tazza di caffé), TPS ha sostenuto che i conti del paese “sono ancora in disordine, fuori posto”, e che l’insufficiente crescita economica italiana dipende dai conti pubblici. Occorre, quindi, “fermare questa dinamica di spesa”, individuando delle aree di risparmio in corrispondenza di altrettanti settori della spesa pubblica. Fin qui, tutto ovvio. Ma TPS preferisce “buttarla in politica” per giustificare la frequenti sconfessioni del suo operato, causate dall’azione erosiva di governo e maggioranza. Così, ecco l’attacco frontale al precedente governo:
“La Finanziaria del 2006 era rigorosa, ma le cifre non corrispondevano alla realtà”.
Giova ricordare che la Finanziaria 2006 era relativa ad un anno elettorale, e la stessa Commissione Europea ha dato atto e merito al precedente governo di avere bene operato in materia. Poi TPS passa ad una sorta di sdoppiamento, il “vorrei ma non posso” che rappresenta la maledizione che colpisce quanti siedono con la qualifica di “tecnici” alla scrivania che fu di Quintino Sella.
“Bisogna fermare questa dinamica di spesa. Intervenire è possibile, esistono margini tecnici. Magari non ci sono margini politici“.
E scusate se è poco! In effetti, l’Italia ha già la sciagura di una speranza di vita in rapida diminuzione rispetto agli altri paesi sviluppati, come sembrerebbe indicare la proposta del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, di ridurre a 58 anni l’età minima di pensionamento, subordinandola ad almeno 35 anni di contributi, mentre nel resto del mondo si parla di aumentare fin oltre i 65 anni l’età del ritiro. Un modo eccellente, quello di Damiano, per devastare le prospettive previdenziali (e non solo) delle generazioni future, drenando risorse fiscali future a tutto vantaggio degli attuali lavoratori e pensionati. Salvo poi prendersela con il precariato che “uccide la speranza”, e costruirci sopra argute analisi moralisteggianti, Ballarò-style. In sintesi, Padoa Schioppa propone e Rifondazione dispone, questo è il leit-motiv dell’attuale compagine governativa. Il tutto tenuto insieme dalla formidabile malafede politica di Romano Prodi.
Ma TPS prosegue nelle sue argomentazioni, pagando l’ennesimo tributo al vitello d’oro italiano: la concertazione. Salvo confondersi semanticamente:
“Governo e Parlamento sono responsabili dei conti pubblici. Importanza ce l’ha la concertazione che deve essere complementare all’azione di governo ma poi è il governo che decide”.
Voce dal sen fuggita: TPS ha dato la definizione canonica di consultazione, cosa ben diversa dalla concertazione, che rappresenta invece il cavallo di Troia con il quale il sindacato in passato ha deciso la politica economica del paese. Ormai preda di una nuova forma di sindrome bipolare, che lo porta ad oscillare dal decisionismo tecnocratico alla dispendiosa arte della mediazione politica, Padoa Schioppa si cimenta poi nell’interpretazione autentica dell’acrobazia che lo ha indotto a mercanteggiare con Rifondazione, riducendo l’entità della manovra per il 2007:
La Finanziaria “ha subìto un ritocco tecnico e non politico” riferendosi all’alleggerimento di 5 miliardi. Secondo il ministro occorre comunque agire “il più possibile dal lato della spesa più che da quello delle entrate.”
Dunque: prima i conti pubblici sono devastati peggio che nel 1992, poi si verifica un miracoloso colpo di reni nel gettito fiscale, ovviamente attribuibile alla serietà al governo ed allo stagliarsi sulla parete dello studio del commercialista dell’ombra minacciosa di Vincenzo Visco, che indurrebbe gli evasori ad autoconsegnarsi mani e piedi all’erario; poi si riduce di 5 miliardi l’entità della manovra, limitando l’intervento sulla spesa, nel tentativo di indurre la sinistra radicale a rinunciare alla richiesta di diluire la correzione in due anni; salvo poi sdegnarsi, come fatto due giorni fa da Prodi, se l’Unione Europea critica il ridimensionamento degli obiettivi finanziari del governo italiano. Ma come, Bruxelles non era l’oracolo di Delfi? Ora improvvisamente si è trasformata in centro cospirazionista offshore?
Caro ministro Padoa Schioppa, forse anche lei si sarà accorto di aver contratto lo stesso letale virus di cui soffrì Guido Carli quando arrivò al Tesoro durante l’ultimo governo Andreotti, nel 1989: il virus della foglia di fico. Non si arrenda, combatta con vigore la malattia. Oggi la scienza ha fatto passi da gigante, forse quella patologia si può curare senza farla cronicizzare…
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