L’eterno ritorno

Come nel 1986, sono in corso le procedure di privatizzazione di un carrozzone di Stato decotto (il carrozzone e lo stato). Come nel 1986, Romano Prodi si trova ad uno snodo strategico del processo decisionale. Allora a capo dell’Iri, oggi del governo. Nel 1986 l’offerta più vantaggiosa venne bocciata, a difesa della maledizione dell’italianità. Oggi, per la privatizzazione Alitalia concorrono un operatore estero, di sana e robusta costituzione, ed un operatore domestico gracile e sotto tutela delle banche. Prodi, da convinto liberalizzatore, si è già espresso in materia, quasi un anno fa. In politica, un’era geologica:

“Non sarei contrario, ma non sono sicuro che Air France acquisterà Alitalia. Ci sono state trattative per anni, ma Air France ha sempre tergiversato. Se noi riceviamo una proposta chiara e forte io sono d’accordo. Le scelte italiane sono molto semplici: abbiamo deciso di mettere Alitalia sul mercato e se i francesi fanno un’offerta e quella sarà la migliore, allora sarà di Air France. Altrimenti vedremo”

Come la storia insegna, per Prodi il concetto di “migliore offerta” assume talvolta significato ben differente dal senso comune. Oggi poi abbiamo un tripudio bipartisan a favore del piccolo e gracile operatore, che in caso di acquisizione di Alitalia arriverebbe a disporre di oltre il 90 per cento degli slot sulla ricca rotta Milano-Roma. Dopo di che, Bersani avrebbe bisogno di una trapunta, più che di una lenzuolata.

Eppure, l’Italia si conferma un paese di patrioti: da Rutelli a Montezemolo (l’uomo che sosteneva l’importanza fondamentale dell’arrivo in Italia delle banche straniere), dalle tre parche Epifani, Bonanni e Angeletti, da Corrado Passera (il grande creditore di Toto) al liberista Berlusconi, per il quale “una compagnia di bandiera è necessaria”, non è chiaro a chi. Oggi, l’advisor della cosiddetta privatizzazione si è pronunciato in modo inequivocabile, a favore di Air France. Non ci voleva un’aquila, ma meglio avere il bollino di garanzia. E anche qualche numeretto a sostegno della tesi:

A tre anni dalla fusione con Klm, Air France ha raggiunto un beneficio economico di 525 milioni nell’ultimo bilancio, superiore ai 440 milioni previsti al quinto anno. Nei primi nove mesi di quest’anno Air France ha trasportato 38,4 milioni di passeggeri, con un coefficiente di riempimento degli aerei dell’80,9%, Klm 17,62 milioni con l’84%; Air One 5,3 milioni con un load factor del 57,4%, il più basso tra le 30 compagnie dell’Aea (la media è 77,7%), un valore al di sotto della soglia di profittabilità (Alitalia ha il 75,2%). L’offerta Air France è giudicata dai consulenti anche la più solida nel profilo patrimoniale.

Che attendersi da Alitalia-Airone? Rotte nuove? Nessuna. Nuovi bacini di utenza? Nessuno. Management vincente? Toto non è esattamente O’Leary, par di capire, anche facendo la tara per il diverso contesto normativo ed istituzionale. Iniezione di mezzi freschi? Si, quelli di Intesa Sanpaolo, che ha deciso di tutelare il proprio credito. Giudizio favorevole degli advisors? Come no, vedi sopra. Secondo voi, come può finire?

Vedi alla voce: Alitalia

P.S. Su cosa è strategicamente sensibile per un paese, sulla tutela dei consumatori (e contribuenti, aggiungiamo noi) e sull’antitrust vedi anche l’editoriale di Francesco Giavazzi

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