Proviamo con un disegnino?

Martedì scorso, durante la trasmissione “Filo diretto”, su Decidere Radio, Daniele Capezzone è tornato sul tema della responsabilità patrimoniale dei pubblici amministratori:

“Noi vorremmo che chi sbaglia, paga. Chi sbaglia con dolo (cioè con malafede), oppure con colpa grave (cioè con negligenza, imprudenza, imperizia), dovrebbe rispondere. Qualcosa la Corte dei conti ha già individuato, in termini giurisprudenziali. Noi vorremmo che questo fosse, diciamo, istituzionalizzato anche dal punto di vista normativo.”

Non prima di aver invocato una moratoria sull’aborto dei congiuntivi, segnaliamo a Capezzone che la Corte dei conti non ha individuato alcunché, in termini giurisprudenziali, perché in materia esiste già una istituzionalizzata norma di legge.

La Corte dei conti si muove nell’ambito dell’ordinamento della Repubblica, e trova la radice normativa della propria funzione giurisdizionale e di controllo essenzialmente nella legge 20 del 14 gennaio 1994, modificata dalla legge 639 del 20 dicembre 1996. In particolare nell’articolo 3, punto 1, che disciplina l’azione di responsabilità, che recita:

“La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi”.

A conferma dell’ampiezza del potere di controllo e sanzione della Corte dei conti sull’azione dei pubblici amministratori, citiamo il punto 4 del sopracitato articolo 3:

“La Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, per i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.”

Pare sufficientemente chiaro, no? Finora avevamo presunto che Capezzone ci facesse, non vorremmo dover optare per la conclusione classicamente alternativa.

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