Un disegno dei meccanismi per la Funzione Pubblica

Oggi, durante la sua relazione sull’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, il presidente della Corte dei conti, Tullio Lazzaro, ha svolto alcune importanti considerazioni. In primo luogo, vi è un problema complessivo di complessità e disfunzionalità dei livelli decisionali della pubblica amministrazione:

Assistiamo per tanti aspetti al crescere confuso di strutture, di modelli amministrativi, di sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni centrali e enti locali, disarmonicità, conflitti irrisolti. E’ compito prioritario ed urgente della classe dirigente del Paese fare un bilancio, ed eventualmente riconsiderare, scelte recenti e meno recenti con il preciso scopo di ridare sistematicità all’insieme degli organismi amministrativi a tutti i livelli, nell’interesse finale della comunità nazionale.

E’ questa stratificazione decisionale ed amministrativa che causa rinvii di responsabilità e riduzione di efficacia ed efficienza dell’intervento pubblico.

Si tratta di un problema fondamentale, riconducibile al ruolo della Funzione Pubblica, che va profondamente ripensato e riformato, aumentando visibilità ed accountability dei soggetti decisori pubblici. Un tema che dovrebbe essere al primo posto dell’agenda elettorale dei due schieramenti. I circoli viziosi nel processo decisionale, la bassa identificabilità dei soggetti decisori facilitano contesti di utilizzo improprio del denaro dei contribuenti, fino a veri e propri illeciti. Ma la funzione di controllo della Corte appare viva e vitale, al punto da ottenere importanti successi anche con la sola minaccia di esercizio dell’azione di responsabilità verso i pubblici amministratori:

Ritengo invece utile esporre talune notazioni ed esemplificazioni.

La prima riguarda l’effetto di deterrenza ottenuto dai giudizi di responsabilità amministrativa, anche con concreti effetti finanziari. Si è spesso constatato che si hanno riparazioni spontanee talora semplicemente a seguito di apertura di istruttorie, o nel corso del processo. Ad esempio, nel 2007, a seguito dell’instaurarsi di un giudizio di conto si è avuto, ante causam, il ripiano spontaneo del debito da parte del contabile con un recupero, incassato, di poco più di 1 milione e 65 mila euro e nel 2006 una sola Sezione ha avuto recuperi spontanei ante causam su vertenze di responsabilità amministrativa o contabile per oltre 4 milioni di euro.

Da documentate notizie fornite dai Procuratori regionali risulta che nel periodo 2001 – 2006 vi sono state riparazioni spontanee prima della fase dibattimentale pari ad oltre 50 milioni e 683 mila euro e in corso di dibattimento, ma prima della sentenza, per un importo di oltre 19 milioni e 874 mila euro.

Nello stesso periodo risultano emesse sentenze definitive di condanna per un importo incassabile di oltre 487 milioni di euro.

Non male per una funzione che, secondo qualche dotto saltimbanco della politica italiana, non sarebbe ancora operativa. Ma la complessità della normativa, oltre a contribuire alla inazione, disincentiva l’azione dei pubblici amministratori, timorosi di vedersi sanzionare senza motivazione:

La giurisdizione di responsabilità, talora accusata in modo miope di una sorta di furor persecutionis, tutela, al contrario, gli amministratori onesti col distinguerne le condotte da quelle violative di legge e disegnando, nei casi concreti, gli spazi di scelte discrezionali assolutamente non censurabili dal giudice. Essa, inoltre, svolge una preziosa funzione di ausilio ai funzionari, indicando, attraverso i precedenti giurisprudenziali, criteri e standards di comportamento ricavati da precetti normativi talora generici ed indeterminati.
Le difficoltà di applicazione della legge che incontrano tanto gli amministratori e funzionari quanto gli stessi giudici non possono, tuttavia essere sottaciute. Esse derivano dalla più volte, e da più parti, denunciata cattiva qualità della normazione, spesso caratterizzata da disposizioni che si susseguono vorticosamente nel tempo, oscure e tecnicamente imprecise, spesso contraddittorie, che, frammentando competenze e responsabilità, favoriscono errori e prassi contra legem.

Non serve, quindi, limitarsi ad invocare “pene esemplari” per gli amministratori pubblici, al solo fine qualunquista e demagogico di titillare il giustizialismo forcaiolo di parte della pubblica opinione. La repressione di comportamenti amministrativi illeciti è in atto ed appare efficace, persino a livello di deterrenza. Ma incertezza, stratificazione e sovrapposizioni normative tra legislazione nazionale ed europea sono ostacoli da rimuovere sul percorso di recupero di efficacia ed efficienza. Per questo motivo s’impone una radicale riforma della Funzione Pubblica.

La Corte dei conti critica il ricorso a consulenze esterne, certamente con ragione, ma occorre evitare di gettare il bambino con l’acqua sporca. Spesso infatti tali consulenze vengono utilizzate per supplire a carenze di professionalità specifiche rinvenibili all’interno della P.A., anche a causa dell’assenza di meccanismi incentivanti dell'”imprenditorialità organizzativa”, ed alla sua adeguata remunerazione. Ancora una volta, attenzione a discernere il grano dal loglio. Proposte balzane come quelle che vorrebbero bloccare il rinnovo dei contratti a termine nella P.A. (di solito riguardanti soggetti giovani e mediamente preparati) ed inasprire il blocco del turnover servirebbero solo a provocare un drammatico aumento di obsolescenza, professionale ed anagrafica, con prevedibili impatti negativi sulla produttività.

Occorre cambiare ruolo e funzioni della P.A., senza demagogie ma in modo netto. I tagli da soli non bastano, e producono severi costi di lungo periodo per l’intero sistema-paese.

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