“E’ un’eredità difficile che assumiamo, ma siamo molto preoccupati”, disse Silvio Berlusconi a commento delle previsioni sul dimezzamento della crescita italiana. Che poi, al tirar delle somme, non sarà dimezzamento ma azzeramento. Sia lode a TPS che lo scorso autunno, a crisi dei subprime già ampiamente iniziata, si presentò da Almunia con un percorso di rientro del rapporto deficit-pil con un worst case scenario di crescita pari all’1 per cento. Non contento, riuscì poi a confermare tale scenario, assumendolo come centrale, lo scorso gennaio. Non che ci volessero capacità divinatorie per intuire il drastico peggioramento della congiuntura internazionale, ma tant’è, i modelli tardavano.
Oggi Giulio Tremonti, intervistato da Repubblica TV, dichiara che “non ci sono più le condizioni per fare i condoni. Non li ho certo fatti volentieri, bensì perché costretto dalla dura necessità”. I condoni, spiega l’ex ministro dell’Economia, “sono una cosa del passato”. Facciamo progressi: Berlusconi che smette i panni di Pangloss e Tremonti che ripudia i condoni. Anche se nel contempo non si rende evidentemente conto che le condizioni in cui (forse) tornerà alla scrivania di Quintino Sella sono le medesime delle sue precedenti esperienze: crescita zero, gettito fiscale in calo. Forse nei prossimi mesi noteremo una certa tenuta del gettito fiscale e contributivo, ma solo grazie a questa seconda componente: il tesoretto fittizio sul quale riposa la vulgata del governo Prodi che ha “risanato” i conti pubblici contabilizzando come entrata corrente un debito futuro.
A noi restano invece robuste perplessità su un programma come quello del PdL, che promette nuove cartolarizzazioni e resta deliberatamente vago sul controllo della spesa. Possiamo solo augurarci che Berlusconi e Tremonti realizzino compiutamente che oggi non siamo più nel 2003, e che i mercati non accetteranno una politica fiscale lassista come quella del loro ultimo transito dalle parti di Palazzo Chigi e via XX Settembre. In questo senso, oggi Tremonti ci appare preventivamente anti-mercatista. Speriamo di sbagliarci, soprattutto nell’interesse del paese.