E’ ormai appurato che i programmi elettorali non servono a nulla, o al più a svolgere una funzione ansiolitica sull’elettorato. In Italia i candidati vanno abitualmente oltre, e promettono fiumi di caffelatte e montagne di marzapane. Così, ad abundantiam, ché non si sa mai. Dei programmi economici di Pd e PdL abbiamo già scritto. In astratto, quello del Pd ci pareva più consistente e sistematico, con il suo impianto orientato ad una riforma organica del sistema di welfare, con la creazione di una imposta negativa sul reddito ed il maggior realismo di fondo. Purtroppo, quell’intento di sobrietà e razionalità è stato progressivamente annacquato da un crescendo rossiniano di proposte balzane e demagogiche, come quella sul compenso minimo e sulla rivalutazione delle pensioni, che avranno (forse) permesso a Veltroni di recuperare consenso elettorale, ma hanno spinto la proposta del Pd nel regno delle fiabe. Ma Veltroni non si è limitato ad alcune opzioni di policy: è andato oltre, affrontando il tema della delegificazione e semplificazione amministrativa.
Leggendo la sua intervista a Maurizio Belpietro, su Panorama di questa settimana, si ha modo di capire anche a livello epidermico perché questo “giovane outsider” è riuscito a restare in politica ai massimi livelli nell’ultimo trentennio senza farsi disarcionare.
Veltroni vende la leggenda metropolitana del monolite Pd, ormai mondato dalle incrostazioni massimalistiche degli alleati comunisti. “Avremo consigli dei ministri che parleranno con una voce sola”. Ignorando che nel Pd è in atto da settimane un imponente riposizionamento di generali, ufficiali e truppe che inevitabilmente porterà alla formazione di correnti. L’unica possibilità per Veltroni di evitare di essere commissariato e diventare un’anatra azzoppata è una convincente affermazione elettorale, anche in caso di sconfitta. Veltroni vuole poi tagliare la spesa pubblica di un punto percentuale l’anno, ma individua le aree di risparmio in voci quantitativamente insufficienti, come i leggendari “costi della politica”. Pensare di ridurre la spesa dell’1 per cento annuo dimezzando il numero dei parlamentari è come pensare di sollevarsi da terra tirandosi per le stringhe. Discorso analogo per la soppressione delle province, che necessita di un accordo bipartisan, configurandosi come modifica costituzionale. Né manca l’abituale eliminazione di non meglio specificati “enti inutili”. Veltroni mette poi naso e bocca sul tema delle intercettazioni, facendo la faccia feroce:
“Noi diciamo che i magistrati possono intercettare chiunque, ma se poi finiscono sui giornali ne rispondono. Con la carriera.”
Questa frase ricorda il ruggito da topo che Veltroni emise all’indomani della tragica uccisione della signora Giovanna Reggiani. Sembrava tarantolato contro rom e romeni, salvo poi tornare a più miti consigli e avallare il decreto “urgente” del governo Prodi, che negli ultimi mesi ha allontanato dall’Italia alcune decine di sfigati questuanti, prontamente rientrati nel Bel Paese, il cui colabrodo di sicurezza appare il vero magnete per la microcriminalità nomadica europea. La proposta veltroniana di “managerializzazione” dei magistrati è meritevole di un sincero augurio, perché pensare di attuarla avendo come alleato Antonio Di Pietro rappresenta il terzo segno di squilibrio mentale dopo credersi Napoleone e voler fare arrivare i treni in orario, come diceva anni addietro il Divo Giulio.
Veltroni vuole poi tagliare 5 mila norme in corso d’anno. Bene, bravo, bis. Con l’occasione potrà spiegarci che intende fare degli ultimi due mostri cartacei di stampo sovietico che il governo Prodi ci ha regalato: quello sulla sicurezza degli impianti domestici e quello sulla procedura di dimissioni volontarie dei lavoratori dipendenti. Il primo fa strame del codice civile e delle norme sulla garanzia, impedendo all’acquirente di un immobile di esprimere la volontà di comprare il fabbricato a prescindere da tutte le attività di verifica e quindi esimere il venditore dal compierle; il secondo sembra scritto da un ubriaco durante una caccia al tesoro notturna. Non parleremo, per carità di patria, del testo unico sulla prevenzione degli infortuni: altri lo hanno già fatto, in modo implacabilmente esaustivo. Ma soprattutto, Veltroni dovrà spiegarci come è possibile che i provvedimenti di delegificazione possano venire dallo stesso personale politico, o più precisamente, dalle stesse persone fisiche che hanno avallato le sopracitate aberrazioni sovietiche del governo Prodi.
Anche sulle grandi opere infrastrutturali Veltroni ha le idee chiare: bisogna farle, ma anche incentivare le comunità locali. I costi chilometrici sostenuti da Trenitalia per le opere di mitigazione ambientale (dalle barriere fonoassorbenti ai campi di calcio per gli oratori) non hanno evidentemente insegnato nulla.
D’accordo, sono programmi elettorali, non valgono la carta su cui sono scritti. Ma in tal caso ci si dovrebbe chiedere perché vengono proposti. Forse perchè gli elettori sono ritenuti dei minus habens? Ah, saperlo.