”Brunetta non sono solo io. E’ un nome collettivo, Brunetta siete voi, è la gente che non ne può più!”. E’ raggiante il professor Renato Brunetta, ministro per la Funzione Pubblica e l’Innovazione, mentre si concede alle interviste di Bruno Vespa e SkyTg24. E ha motivo di esserlo, dopo la pubblicazione dei dati che mostrano una miracolosa caduta della morbilità nella pubblica amministrazione, dopo l’emanazione della sua circolare su visite fiscali e certificazione dei periodi di malattia. Questa era la parte più semplice (e a costo zero) dell’intervento di ristrutturazione della pubblica amministrazione. Per essere precisi, il costo zero deriva dall’effetto deterrente della circolare, mentre l’applicazione sistematica e letterale delle nuove norme sarebbe estremamente costosa e difficilmente implementabile, almeno riguardo le visite fiscali già dal primo giorno di malattia. Ma quello che conta è che i dati parlano a favore di Brunetta, ed occorre dargliene atto e merito.
Come fatto dal professor Pietro Ichino sul suo sito, rispondendo ad una lettera di un dirigente di Legacoop, che si dice d’accordo con Brunetta e che per ciò stesso teme di essere affetto da qualche strana patologia, come spesso accade agli elettori di sinistra quando si trovano in sintonia con alcune misure adottate da un governo di centrodestra. Ichino lo rassicura, e puntualizza che Brunetta avrebbe in sostanza attinto alle sue idee in materia. Ichino (al quale va da sempre la nostra massima stima) omette però di chiedersi se le sue proposte sarebbero state adottate, in caso di vittoria del Pd alle elezioni. Questo non è un giochetto balneare ma una considerazione politica, visto che in passato le proposte del giuslavorista milanese avevano fatto sollevare più di un sopracciglio nel centrosinistra, in quanto giudicate “troppo avanti”.
Chi invece dimostra di aver capito assai poco (o forse di aver capito tutto) dell’azione di Brunetta è il sindaco di Roma Gianni Alemanno che ieri, durante l’Assemblea di An, se n’è uscito con queste amenità:
”Dobbiamo fare in modo di non ricompattare tutto il fronte sindacale contro il governo: sarebbe un errore mortale. Brunetta, con la sua battaglia ai fannulloni commette lo stesso errore delle lenzuolate di Bersani, che indicavano il ‘nemico di classe’. Può anche darsi che la maggioranza degli italiani sia favorevole a quella impostazione, ma così non si governa il Paese. Noi dobbiamo fare una cosa diversa, non dire ‘morte ai fannulloni’, ma ‘viva i meritevoli’. Così si sfugge alla lotta di classe, tra ceti e categoria, e si fa una lotta meritocratica all’interno dei vari ceti e delle varie categorie”
Se Alemanno leggesse di più, scoprirebbe che Brunetta ha sempre enfatizzato l’importanza di ridare orgoglio ai pubblici dipendenti, di cui egli stesso si considera parte in quanto docente universitario, evitando di mortificare motivazione e professionalità con pratiche sovietiche di incentivi erga omnes, spesso erogate per il solo fatto di recarsi in ufficio. La verità è che Alemanno teme per la base elettorale di An, e trova quindi utile agitare lo spauracchio del ricompattamento sindacale. A noi, che siamo da sempre naïf e politicamente analfabeti, verrebbe da dire “e chi se ne frega dei sindacati, se il loro interesse contrasta con l’interesse generale”. Forse per quello non siamo ancora diventati sindaci di alcunché.
Tutto ciò premesso, la strada di Brunetta resta in salita: per ora siamo riusciti a curare i pubblici dipendenti più cagionevoli di salute, trattenendoli in ufficio, ma a breve occorrerà anche capire a fare cosa. Che essenzialmente significa riorganizzare le strutture, favorendo mobilità interfunzionale e riqualificazione, per razionalizzare gli organici; e ridisegnare la contrattazione collettiva, responsabilizzando i dirigenti. Ovviamente ipotizzando che gli innumerevoli Alemanno che infestano il PdL non mettano i bastoni tra le ruote al professore di Venezia. Fino a quel momento la sfida non potrà dirsi vinta.
Nel frattempo, Brunetta si toglie un sassolino dalla scarpa segnalando che non tutti i ministeri sono stati egualmente solleciti a rispondere al suo invito alla trasparenza su costi e assenteismo:
”Io ho cominciato con la trasparenza dal mio ministero, la Funzione pubblica, pubblicando i dati dei redditi, degli stipendi, dei tassi di assenteismo. E ho detto agli altri colleghi: fate lo stesso. Alcuni hanno risposto come un sol uomo, ad esempio il ministero degli Esteri. Altri invece no. Il ministero del Tesoro ad esempio non ha mai risposto”.
Una frecciata verso Tremonti, visto che pare che i due non si amino esattamente alla follia? Chi può dirlo. O forse siamo troppo maliziosi. Forse al Tesoro sono troppo impegnati con la “peste del Ventunesimo secolo” per curarsi di dettagli come la trasparenza e l’assenteismo.