E’ quanto emerge da questo articolo di Real Clear Politics. Pensavamo che appendersi alla “tradizionale” definizione di recessione, che si materializza solo con due trimestri consecutivi di crescita negativa, fosse ormai solo patrimonio della narrativa di qualche foglietto italiano. Invece, scopriamo quanto la partisanship possa essere naif. Va tutto bene, my fellow americans, scrive Steve Chapman: i mall sono pieni, Wal-Mart in vent’anni ha più che triplicato i propri punti vendita, anche i poveri oggi possono fruire di cellulari, computer e del frappuccino Starbucks. Dello stock di debito delle famiglie non parliamone, potremmo essere accusati di disfattismo economico.
E non è una recessione, dice Chapman, perché nel secondo trimestre il pil è aumentato del 3,3 per cento. Non è proprio così, quella era la prima stima, il dato finale è stato di più 2,8 per cento, ed era inzeppato di anomalie statistiche: il deflatore del pil che ha gonfiato la crescita reale è stato incredibilmente basso grazie al forte aumento del prezzo del petrolio; quel dato ha inoltre goduto del forte contributo dell’export netto, assai meno “sano” di quanto si possa essere indotti a credere. Ma sono dettagli. Come quello che mostra che il quoziente tra occupazione e popolazione (employment to population ratio) è oggi inferiore al livello di otto anni fa, con buona pace delle magnifiche sorti e progressive d’America cantate da Chapman.
Il quale avrà forse trovato sollievo dalla prima stima del pil del terzo trimestre, che mostra una flessione tutto sommato lieve rispetto alla quotidiana apocalisse che imperversa sui mercati immobiliari e finanziari. Leggendo i dati in controluce Chapman sarà tuttavia costretto a rinfoderare il suo ottimismo, constatando che il consumatore americano ha deciso di prendersi una pausa di riflessione, che rischia di non essere breve: il tasso di risparmio sta aumentando, il reddito disponibile è in forte riduzione. E senza l’incremento della spesa governativa il calo sarebbe stato di oltre tre volte superiore: il socialismo bussa alle porte di Washington o vi è già trionfalmente entrato?
Non è un paese per ottimisti: le stime di consenso alla data di oggi stanno convergendo su un calo del pil del 3 per cento annualizzato nel quarto trimestre 2008. Si stanno accumulando evidenze di una caduta di attività economica così repentina da non essere ancora stata pienamente percepita, e non da propagandisti come Chapman ed i suoi cloni dei due mondi, bensì dagli stessi economisti, così fallibili ma pur sempre meno inconsapevoli della media degli editoriali politici che leggiamo in queste settimane. Non è la campagna di un candidato a produrre depressione, è la realtà.
Because it’s the economy, stupid.