Come gettare nello sciacquone in pochi mesi il frutto di anni di forti rialzi del greggio. La Russia sta dilapidando le proprie riserve valutarie nell’illusorio tentativo di di sostenere il rublo, proprio nel momento in cui gli investitori stanno uscendo in massa dalle economie legate alle materie prime. Come mostra il grafico qui sotto, il calo del 16 per cento del rublo contro dollaro è ancora lontano dall’eguagliare il deprezzamento subito dalle valute di altri paesi esportatori di materie prime quali Australia e Messico, pari rispettivamente al 33 ed al 24 per cento contro dollaro da luglio.
Il greggio di qualità Ural, il principale blend esportato dalla Russia, è calato del 68 per cento da luglio, e si trova a 43 dollari al barile, sotto la media di 70 necessaria per pareggiare il bilancio russo del prossimo anno. Da agosto, la Russia ha speso 148 miliardi di dollari, pari ad un quarto delle proprie riserve, per difendere il cambio del rublo. Tra le altre valute legate alle materie prime, il real brasiliano si è deprezzato nello stesso periodo del 33 per cento contro dollaro, quello neozelandese del 30 per cento, il peso cileno del 21 per cento.
Il rublo va lasciato libero di fluttuare, eventualmente con un movimento di deprezzamento pilotato del basket euro-dollaro a cui la valuta russa è indicizzata. Alzare i tassi, come fatto anche nei giorni scorsi dalla banca centrale russa, è come offrire il petto ai fucili della speculazione valutaria. Putin non può pensare, con questo andamento del greggio, di trattenere l’intero stock di riserve valutarie fin qui accumulate, ma evidentemente non è ancora riuscito a realizzare ciò.
Continueremo ad osservare le vicende economiche russe, in quanto suscettibili di ampie ricadute geopolitiche. Una Russia privata delle sue riserve valutarie non avrebbe più denti né unghie per fare shopping di aziende in Occidente, ma la sua élite si troverebbe anche a gestire una crisi sociale esplosiva, da cui potrebbe nascere anche un nazionalismo molto aggressivo e destabilizzante di molte aree confinanti con la Federazione. Ma anche di questo avevamo parlato, proprio nel mezzo della crisi con la Georgia.
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