La Guida del Gambero Rocca

di Mauro Gilli

Leggiamo spesso il blog di Christian Rocca. E’ un modo come un altro per distrarci dalle cose serie. Ultimamente, ha anche deciso di svolgere il ruolo di guida gastronomica, indicando i piatti prelibati serviti da alcuni ristoranti newyorkesi scelti per noi dal “pensatore newyorkese” Franco Zerlenga, dandoci così utili indicazioni per le nostre frequenti sortite a New York da Chicago, dove viviamo.

Rocca condisce (è il caso di dirlo) le informazioni su questi piatti prelibati con le non meno raffinate analisi storico-politico-sociologiche dello studioso di Islam Zerlenga, del quale però risulta pressoché impossibile reperire pubblicazioni accademiche. E così, quando il duo Rocca-Zerlenga passa dai consigli di cucina alle analisi di politica internazionale, immediatamente il boccone ci va di traverso, e ci passa la fame. Ci è capitato anche con l’ultimo articolo.

Tralasciamo i giudizi su Bush Sr., considerato uno dei peggiori presidenti degli Stati Uniti per via dei legami con l’Arabia Saudita. Per essere un professore di Storia, sembra che Zerlenga abbia una memoria alquanto corta e selettiva, visto che il legame tra USA e Arabia Saudita è stato cementato da Truman (1947) e mai messo in discussione da alcuno dei successivi presidenti americani. E lasciamo anche perdere la mancanza di rigore nelle sue analisi: “Zerlenga […] cita passi degli ultimi discorsi obamiani per sottolineare che il presidente eletto sembra avere intenzione di fare sul serio, specie sull’Arabia Saudita.” Non abbiamo mai avuto particolare stima per gli storici. Alcuni però tentano almeno di separare la retorica da fatti. Zerlenga deve probabilmente ancora superare questo scalino.

Veniamo alla parte che ha attirato la nostra attenzione. Zerlenga sottolinea che

“Gli studenti musulmani che vengono a studiare in America frequentano le facoltà tecniche, non quelle umanitarie: ‘Le humanities occidentali gli fanno schifo’.

Oltre a suggerire una ripassatina della lingua italiana, proviamo a demistificare queste presunte analisi. Non vorremmo che, restando in tema, gli scarti di maiale fossero scambiati per foie gras.

Zerlenga sembra essere caduto nel classico errore di metodologia per cui una correlazione è uguale ad una relazione causale. Ma correlation doesn’t imply causation, ricordate? Poiché ci sono pochi studenti musulmani nelle facoltà umanistiche statunitensi – questo è il suo ragionamento di fondo – significa che a costoro gli studi umanistici occidentali non piacciono. Proviamo a fare un parallelo: molta gente esce di casa con l’ombrello quando piove. Abbiamo due eventi (la gente esce di casa con l’ombrello e la pioggia). E tra di loro sembra esserci una forte correlazione (non si vedono molti ombrelli quando c’è il sole). La domanda che ci si pone è quale sia la causa e quale l’effetto. Adottando la metodologia del pensatore Zerlenga, saremmo portati a concludere che uscire di casa con l’ombrello causi la pioggia. E quindi che per avere il sole basti lasciare l’ombrello a casa. Invito i lettori a provare questo esperimento da soli…

Se vogliamo invece tentare di essere seri, dobbiamo rilevare come, in primo luogo, non serva essere un “pensatore newyorkese” per capire che per uno studente straniero, specialmente per uno che non parla una lingua indoeuropea, studiare la matematica, l’ingegneria o la chimica in inglese risulti molto meno ostico dei testi di Platone, Kant, Fichte o Aristotele.

In secondo luogo, è utile sottolineare che per gli studenti stranieri che vanno negli Stati Uniti per frequentare il college (l’equivalente della laurea triennale italiana) vi è una libera scelta del campo nel quale specializzarsi. Chi conosce gli Stati Uniti sa però che è molto più fruttifero studiare materie scientifiche piuttosto che materie umanistiche, in termini di guadagni futuri. Per Zerlenga i musulmani pare siano tutti stupidi (e pericolosi). In realtà sembra siano molto più svegli di quanto i nostri degustatori newyorkesi vogliano intendere. E infatti, si iscrivono a programmi di studio che garantiranno loro lauti guadagni dopo la laurea. D’altronde, cosa dire degli studenti cinesi, indiani, sudcoreani, e giapponesi? A leggere Zerlenga viene da pensare che siano pure loro musulmani visto che anch’essi studiano per la maggior parte discipline scientifiche…

Infine, per quanto riguarda gli studenti stranieri che vanno negli Stati Uniti per frequentare programmi di specializzazione (master e dottorati), è opportuno notare che i criteri di ammissione per le discipline scientifiche si prestano maggiormente all’oggettività; mentre ciò non è sempre vero per quelle umanistiche. In altre parole, un genio della matematica è molto più facilmente individuabile di un genio in sociologia, e quindi ha maggiori probabilità di essere ammesso da una università americana di un suo collega sociologo.

Come è facile capire, non serviva tirare in ballo la religione per spiegare questo trend. Bastava un po’ di logica… Magari alla fine ha comunque ragione il pensatore Zerlenga. Chi lo sa? E magari i musulmani che vanno negli Stati Uniti a studiare ingegneria covano in gran segreto il desiderio di imparare a costruire bombe atomiche e ucciderci tutti…, e poi, e poi, e poi…. E poi, caro Rocca, sarebbe forse il caso di cambiare commensali. Pasteggiare con Diet-Coke in un ristorante francese dà la misura dell’imbarbarimento dell’Occidente.

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