Parmalat d’America

Nella giornata di ieri l’FBI ha posto fine alla “onorata” carriera di un vecchio squalo di Wall Street, Bernard Madoff, il quale (per esplicita ammissione dell’interessato) da tempo immemore gestiva una società di consulenza e gestione di hedge funds basandosi (tu guarda!) su uno schema di Ponzi. In pratica, Madoff generava ritorni sull’investimento positivi e costanti usando i fondi dei nuovi sottoscrittori. Il multilevel, vecchio quanto il mondo, è un fiume carsico nella storia dei mercati finanziari; fino a ieri pensavamo fosse tuttavia caratteristica distintiva di sistemi fortemente arretrati. Invece, oggi lo ritroviamo nel paese (apparentemente) dotato della cultura finanziaria più sofisticata al mondo, sia a livello istituzionale che retail.

Il buon Madoff gestiva una esclusiva rete di relazioni sociali, attraverso la quale acquisiva facoltosi clienti, sia milionari che miliardari. I gonzi venivano a lui attraverso la frequentazione del Boca Rio Golf Club di Boca Raton, in Florida, e del Palm Beach Country Club, a Palm Beach, la cui membership aveva il benefit collaterale di poter investire i propri averi nelle sue società.

Interessante notare che, già nel 1999, qualcuno aveva avanzato sospetti sulla autenticità dei ritorni sull’investimento generati da Madoff: così costanti, regolari e a volatilità prossima allo zero. Ma le denunce alla SEC (l’equivalente americano della nostra Consob, per semplificare) non produssero nessuna verifica dei conti del gruppo. Vi ricorda nulla?

Addirittura, un hedge fund del gruppo Madoff, specializzato in investimenti nell’indice S&P100, esibiva a fine novembre una rivalutazione del 5,6 per cento da inizio anno, contro il meno 40 per cento circa dell’indice di riferimento. In ottobre le cose non erano tuttavia andate così bene per il geniale Madoff: il suo fondo aveva perso “ben” lo 0,06 per cento, mentre lo Standard&Poor’s era stato abbattuto del 16,8 per cento.

L’aspetto più farsesco di ciò è che i fondi hedge vengono messi nel portafoglio dei “fondi di fondi” hedge, che si presume non siano gonzi miliardari che sorseggiano Martini ai country club, ma macchine da guerra che si avvalgono di “sofisticatissime” tecniche di misurazione del rischio e di frequenti incontri-interviste con i gestori, per scoprire cosa va e cosa non va. E proprio per questo tipo di investigazione i fondi di fondi hedge percepiscono lucrose commissioni di gestione e di advisory. E infatti nel giochino di Madoff sono cascati nientemeno che Tremont e Fairfield Greenwich, due pesi massimi della gestione di alternative investments, che ora si preparano ad arricchire le prossime due generazioni di trial lawyers d’America, per resistere alle cause che si abbatteranno sulle loro teste.

Madoff era un vero duro, per nulla disposto a condividere con altri il segreto delle sue tecniche d’investimento, che erano un po’ come la ricetta della Coca-Cola.
“La strategia è la strategia, i ritorni sono i ritorni” ripeteva spesso, manco fosse il fratello cattivo di Fausto Tonna.

Questa vicenda segna l’ennesimo colpo di piccone assestato al mito dell’industria finanziaria statunitense, ai suoi sofisticatissimi strumenti di controllo del rischio, alla sua poderosa capacità di produrre innovazione finanziaria (meglio se opaca e con modelli rigorosamente proprietari), ai suoi implacabili watchdogs, catturati dai controllati (al punto che al giochino ha dovuto porre termine la solita FBI). La degna conclusione di un sistema andato in bancarotta morale prima ancora che finanziaria. Ora attendiamo la palingenesi. Ma potrebbe volerci del tempo.

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Intervista all’advisor finanziario che aveva intuito la truffa

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