“Il governatore della Banca d’Italia e anche l’Europa ci dicono che quest’anno il pil registrerà il 2 per cento in meno. Ciò significa che torneremo indietro di due anni e non mi sembra che due anni fa si stesse così male”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che questa mattina al Pio Albergo Trivulzio di Milano, è intervenuto all’inaugurazione della ristrutturazione di un reparto dedicato alla madre. Prescindendo dal fatto che il passo indietro nel tempo va letto sull’occupazione e non solo sulla dimensione del Pil, il premier sposa quindi la linea di Tremonti, che aveva detto che un calo del 2 per cento del Pil non ci avrebbe “riportati al Medioevo”. In questa corsa a chi le spara più grosse (o più piccole, nel senso di minimizzare la gravità della situazione economica), Berlusconi è anche riuscito a darsi una verniciata verde-alternativa, manco fosse un sostenitore della “decrescita”:
“Forse – ha spiegato Berlusconi – è necessario un momento di riflessione in un’epoca di consumismo”. Il che non è male per uno che non perde occasione per esortare i consumatori italiani a spendere, e risollevare le sorti dell’economia. Ritornello che peraltro è stato ripetuto anche oggi, in modo lievemente contraddittorio con la prima parte del messaggio.
“La profondità della crisi – ha aggiunto – sta nelle nostre mani. Bisogna aver paura di avere troppa paura”. Secondo Berlusconi, è necessario quell’ottimismo che incentivi i consumi non solo tra gli italiani ma anche tra i francesi e i tedeschi “che sono i maggiori consumatori dei nostri prodotti. Bisogna dare – ha concluso – il nostro piccolo contributo perché questa crisi non sia troppo tremenda”
Quindi, riepilogando: il Pil cala ma non è grave, occorre smetterla con questo consumismo sfrenato. E ricordatevi di consumare, altrimenti sono guai. Perfetto.
Tra le altre esternazioni del premier, segnaliamo il no alla riforma delle pensioni, perché “non è che ogni due anni un governo può cambiare il sistema pensionistico”, e l’abituale invocazione all’Unione europea come deus ex machina delle riforme nostrane:
“L’Unione Europea ritiene che le donne in Italia siano discriminate perché vanno in pensione 5 anni prima degli uomini. Credo che l’Unione Europea ci obbligherà a rivedere questa situazione. Noi ci impegneremo a fondo prossimamente”
Quindi il consenso è più o meno salvo, perché c’è un’ineluttabile entità esterna che ci “impone” di intervenire. Data la premessa, forse converrebbe porre l’Italia sotto protettorato Onu o Ue: si potrebbero realizzare tutte le riforme di cui necessitiamo.
Update – La macchina del tempo funziona anche nell’industria: siamo tornati indietro di ben 18 anni.