“La sinistra aveva aperto le porte, la sinistra era ed è quella di un’Italia multietnica: la nostra idea non è così, è quella di accogliere solo chi ha le condizioni per ottenere l’asilo politico” (Silvio Berlusconi)
E’ certamente dovere di un governo responsabile operare per gestire i flussi immigratori secondo una logica di compatibilità economica e sociale, oltre che tentare di discernere (anche se è ormai quasi impossibile) le motivazioni economiche delle migrazioni da quelle umanitarie. Allo stesso modo in cui è irresponsabile e criminogena la posizione di quelle forze politiche della sinistra (politica e sociale) che sostengono frontiere aperte, sempre e comunque, per una ideologia di scardinamento sociale letta su qualche allucinato “manuale dell’Uomo Nuovo”. Ma lascia perlomeno perplessi argomentare la prima posizione con termini che sono del tutto privi di senso, oltre che pericolosi per i comportamenti che potrebbero innescare negli strati più culturalmente deprivati della società italiana.
Già dal punto di vista antropologico, il nostro è un paese per definizione multietnico, lo dice la storia di quella “espressione geografica” che chiamiamo Italia. Ma le parole usate dal premier difficilmente possono essere catalogate nella ormai vastissima tipologia delle gaffes: sembrano piuttosto frutto di una precisa strategia di comunicazione, ormai al limite del tentativo di colonizzazione e riassorbimento dell’elettorato leghista (e ormai pure di quello di Forza Nuova, si direbbe). Il rischio di queste parole è quello di alimentare sentimenti xenofobi, l’etichettamento di chiunque non abbia tratti etnico-razziali corrispondenti allo stereotipo “italiano”, di cui ogni domenica abbiamo disgustosi esempi negli stadi.
A parte questo uso improprio e quasi di imbastardimento della lingua italiana, la cui purezza semantica viene violata e piegata a convenienze politiche contingenti, numeri alla mano non pare che la strategia di contrasto dell’immigrazione clandestina dalla “porta Sud” sia finora risultata particolarmente efficace. Gheddafi continua a negoziare con Roma la sua autostrada Tripoli-Bengasi e gli altri ammenicoli di riparazione dei danni coloniali con una sapiente e cinica strategia di apertura e chiusura selettiva dei rubinetti dell’immigrazione clandestina. Ogni tanto fa la faccia feroce, altre volte accetta di riprendersi barche e barconi, così Maroni può convocare conferenze stampa in cui spiega che siamo all’immancabile “svolta storica” sull’immigrazione, e quanto è efficace l’azione del governo. E poi si riparte col negoziato e con i barconi. Le statistiche sull’andamento dei flussi immigratori sono lì da leggere, e non sono opinioni. Per l’ennesima volta nella vita di questo governo siamo di fronte alla strategia del vorrei ma non posso, oggi ribattezzata “tanti tituli, sero riforme“. E altrettanti risultati, aggiungiamo noi.