Il sabbatico dalla coerenza

Ieri il ministro dell’Economia ha proposto alle banche una sorta di scambio tra una moratoria sui crediti alle imprese ed una revisione “in meglio” del regime di deducibilità fiscale delle perdite su crediti sofferte dagli istituti di credito. La revisione andrebbe ben oltre quello che lo stesso Tremonti, solo pochi giorni addietro, aveva definito il cadeau del governo alle aziende di credito, l’aumento dallo 0,3 allo 0,5 per cento della deducibilità fiscale dei crediti inesigibili. Il problema di Tremonti è che continua da mesi ad esibirsi in giravolte degne di Tony Manero, costringendo i suoi corifei a trasformarsi in infaticabili fachiri.

Il rapporto di Tremonti con le banche non è mai stato facile, soprattutto in questa legislatura: il ministro vede le aziende di credito come l’estroflessione del Demonio sulla terra, e non perde occasione per accusarle di ogni nequizie. La scorsa estate il ministro aveva deciso di applicare agli istituti di credito la Robin Hood Tax, aumentando l’aliquota Ires di 6 punti percentuali, oltre che di allargare la base imponibile delle banche, limitando la deducibilità fiscale degli interessi passivi. Mossa piuttosto balzana, visto che le banche con gli interessi passivi ci lavorano (è il costo della raccolta), ma solennemente rubricata sotto l’einaudiana voce “profitti di congiuntura”.

Passano solo poche settimane, il mondo è prossimo al meltdown dopo il crack Lehman, Tremonti decide che le banche sono a rischio, e che lo stato deve intervenire: “Dove c’è lo stato, nessuna banca può fallire”. Non è vero, naturalmente, ma in molti lo assecondano, anche perché le nostre banche non sono disastrate, e si può massimizzare il merito politico con qualche contingent  liability a buon mercato, una garanzia che difficilmente scatterà e verrà esercitata, come il fondo di tutela dei depositi.

Per l’uomo che aveva visto arrivare da Est la crisi venuta da Ovest è l’inizio di un lungo “sabbatico dalla coerenza”. Dopo un climax di raffazzonate citazioni bibliche, Tremonti appronta i bond ibridi che (per semplificazione giornalistica) si tende ad identificare con il suo nome, ne ottiene l’approvazione da parte della Ue, e tenta di indurre le banche ad utilizzarli. Tentativo rapidamente frustrato, vuoi perché le condizioni di sottoscrizione grondano moralismo e minacce di controllo politico sulla gestione delle banche, vuoi perché nel frattempo le banche americane ottengono l’allentamento definitivo del Fasb 157, superano gli amichevoli stress test di Tim Geithner e si rimpinzano di denaro gentilmente fornito dallo zio Sam nell’unwinding delle posizioni sui credit default swap del buco nero nazionalizzato chiamato AIG. Il premio al rischio crolla, la borsa inizia un rally mozzafiato che consente alle banche di ricapitalizzare ed emettere nuovi bond, inclusi gli ibridi. I Tremonti bond, che già non servivano, vengono consegnati alla storia, anche se politici ed editorialisti ancora ne parlano.

Tremonti non comprende subito l’evoluzione della congiuntura, e prosegue nelle sue affabulazioni millenaristiche. Passa altro tempo, le uniche cose che germogliano sono le sofferenze sui crediti. Il ministro torna ad alternare minacce a blandizie verso le banche, passando dal monitoraggio prefettizio al cadeau. Ieri la svolta, presentata negli abituali toni aulici, dal palco dell’assemblea annuale dell’Associazione bancaria italiana:

“E’ arrivato il tempo per il nuovo inizio: banche, governo e imprese hanno una comune responsabilità per il nostro Paese. Quanto fatto è stato necessario. Ma ora, proprio ora, può essere necessario fare di più. Qualcosa che può prendere la forma di un avviso comune da produrre subito prima di agosto. Nel rispetto delle regole del patrimonio delle banche, su base non obbligatoria ma volontaria. Può prendere la forma di uno sforzo ulteriore per una moratoria sulle scadenze più pressanti dei crediti alle imprese; della formazione, da definire, del patrimonio netto delle imprese. Il governo, a fronte di un avviso comune verificato nella sua operatività ed efficacia, si offre di rivedere al meglio il regime fiscale delle deduzioni per le perdite dovuto ai crediti delle imprese”

Non male, per uno che fino alla settimana scorsa puntava a spezzare le reni alle banche. Da notare che questa storica conversione è stata introdotta da dotte citazioni sulla nuova enciclica papale e da un commentario alle lettere di Engels a Marx sull’importanza del diritto, a ridondante testimonianza del fortissimo tasso di inquinamento retorico ed ideologico esistente nella politica di questo paese (riconducibile alle “due chiese”, quella comunista e quella cattolica), oltre che nell’assoluto oblio del fatto che, in Italia, la vita grama e malcerta dei diritti di proprietà e del loro enforcement è precisamente figlia delle due culture che Tremonti cita con voluttà, nell’improbabile perseguimento della fumisteria eticista (prima che giuridica) nota col nome di Global Legal Standard. Salvo spingere per inseguire gli americani sul terreno del taroccamento dei bilanci, cosa quintessenzialmente etica. Tremonti ieri ha poi completato il proprio personalissimo Pantheon citando FDR:

“C’è nelle cose umane un ciclo misterioso. Noi ora abbiamo il potere e il dovere di realizzare insieme un pezzo del nostro destino.”

A noi basterebbe che si riuscisse a comprendere come evolve la congiuntura, senza scomodare la Storia e le Scritture. Ma forse voliamo troppo basso.

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