Ricordate le vibranti polemiche, nelle settimane successive alla Inauguration di Barack Obama, di quanti vedevano nel crollo del mercato azionario il segno tangibile del fallimento (prima ancora di cominciare effettivamente a governare) della nuova presidenza? Se ne parlò anche da noi, alla periferia dell’Impero, dove una nuova generazione di polemisti low cost, (di quelli del tipo “Analisi? No, grazie, meglio gli slogan“), si è rapidamente affermata grazie ai blog ed in alcuni casi è giunta al vertice della stampa mainstream.
Bene, oggi dobbiamo compiere una riflessione simile ma opposta osservando l’andamento dell’indice S&P nel periodo che va dall’inaugurazione alla fine del secondo anno di mandato presidenziale. Ci aiuta nella comparazione storica il blog americano Global Macro Monitor, usando un titolo iperbolico, cioè fuorviante per definizione. Come si può agevolmente cogliere dal grafico qui sotto, la presidenza Obama è ad oggi la migliore in questa particolare metrica.
Questa considerazione non è servita a risparmiare all’attuale inquilino della Casa Bianca una storica legnata sui denti al midterm, né siamo certi che l’eventuale rimbalzo dell’economia atteso per il 2011 si tradurrà per ciò stesso in una corsa in discesa di Obama medesimo verso le presidenziali del 2012, magari con l’ulteriore vantaggio di una cacofonia di candidature Repubblicane. Ma certo, se dovessimo usare le stesse argomentazioni che si leggevano un paio di anni addietro, dovremmo suonare trombe e grancasse per Obama, magari appiccicandovi l’argomentazione del ritrovato “centrismo” del presidente, come fanno alcuni.
Premesso che, su queste basi, ogni tattica di galleggiamento e di riduzione del danno per un giocatore in difesa diverrebbero “centrismo”, sarebbe anche opportuno chiedersi cosa c’è dietro questo boom azionario. Sappiamo che il settore bancario americano è stato supportato con ogni mezzo, anche quelli più eufemisticamente distorsivi, e ciò ha contribuito alla stabilizzazione ed al recupero delle quotazioni. Per il resto dell’indice azionario, la forte esposizione globale delle imprese a maggiore capitalizzazione ha consentito di creare robusti utili legati ad esempio ai mercati emergenti. E quindi, esiste un “merito” presidenziale? Difficile affermarlo in modo netto, allo stesso modo in cui non esisteva un demerito nel rovinoso crollo di inizio mandato.
Per le presidenziali, conterà soprattutto lo stato del mercato del lavoro. Difficile pensare che il famoso e famigerato effetto trickle down, tanto caro alla destra americana (lasciate che i ricchi si arricchiscano, il benessere fluirà “giù per li rami”, fino agli strati sociali più disagiati), possa risollevare i destini dell’impressionante numero di disoccupati di lungo termine, quelli oltre le 26 settimane di inattività. Ci attende un anno interessante, anche per capire le sorti del “neocentrista” Obama e della destra no-tax, in vista della volata del 2012. Nella vana speranza che, nel dibattito pubblico, si smetta di credere che correlation implies causation.
