L’immoralità della patrimoniale spiegata ai non specialisti

In un magistrale post su Chicago Blog, il professor Ugo Arrigo spiega, tra le altre cose, l’essenza dell’approccio Tremonti-Fortis, che è stato di recente offuscato dalla grancassa con la quale la “stampa amica” dell’esecutivo ha crocifisso le ultime levate d’ingegno di Walter Veltroni.

Giusto per non perdersi per strada il diritto di primogenitura intellettuale della patrimoniale straordinaria che ci aspetta, ecco la mirabile sintesi di Ugo:

Qualsiasi soggetto eccessivamente indebitato cercherà di ridurre i propri debiti cedendo asset patrimoniali suoi, solo gli stati sono in grado di espropriare allo scopo asset altrui (*).  E’ il gioco delle due tasche della giacca, citate da Tremonti all’Ecofin di inizio autunno: nell’una c’è il debito pubblico, nell’altra la ricchezza, quella privata, però.

[(*) Immaginiamo questo dialogo surreale di fronte a un funzionario di banca al quale stiamo chiedendo un prestito: (Domanda) Quali asset può dare in garanzia? (Risposta) L’appartamento del mio vicino. Tradotto in lingua statalista diventa così: (Domanda al ministro del Tesoro da parte dei mercati finanziari) Quali asset può dare in garanzia dell’elevato debito pubblico? (Risposta) Gli appartamenti dei miei contribuenti.]

Proprio così. Ma non è tutto. Poiché questo paese sta diventando celebre nel mondo per avere una classe politica fallita e canaglia che si autoassolve a colpi di videomessaggi, ecco affiorare il modello-Alitalia, la quintessenza della grassazione di un popolo che rischia di essere annoverato tra i più fessi del pianeta:

I sostenitori della patrimoniale vanno invece nella direzione opposta, la ‘ricapitalizzazione’ di una classe politica impreparata e inefficiente (*). Probabilmente senza rendersene conto stanno proponendo una ‘soluzione Alitalia’ da applicarsi a tutto lo stato attraverso la creazione di una ‘bad company’ che verrebbe spalmata sui contribuenti attraverso la maxipatrimoniale e in una ‘good company’ che verrebbe riaffidata alla stessa classe politica di prima. Non è difficile prevedere che l’aggettivo good sarebbe destinato a evaporare in pochissimo tempo. Basta guardare agli effetti delle ricapitalizzazioni Alitalia attuate nel decennio 2000: dopo ognuna di esse la compagnia ha regolarmente aumentato le perdite di esercizio.

(*) E’ come ricapitalizzare il figliol prodigo pensando che possa essere un viatico sulla strada della frugalità.

Date queste desolanti immagini, la similitudine, mutatis mutandis, sorge spontanea: a quando anche da noi un Egypt time?

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