Ogni volta che leggiamo che il governo greco ha imposto l’ennesimo balzello nel disperato tentativo di quadrare dei conti che non quadreranno, dovremmo tenere presente quanta parte del gettito previsto viene effettivamente realizzato. In un paese come la Grecia, dal sistema fiscale non esattamente teutonico, la sovrastima delle entrate è pressoché certa.
E’ quanto conferma un aneddoto riportato da Jean Quatremer sul suo blog. Il governo Papandreou, alla fine della scorsa settimana, ha deciso di tassare gli immobili con un’imposta a termine (due anni) dell’importo medio di 4 euro per metro quadro, prelevata direttamente dalle bollette elettriche. In questo modo è possibile colpire con qualcosa che assomiglia ad una patrimoniale dei beni che, in un numero non marginale di casi, sono acquisiti con un rilevante “nero”. La tassazione da bolletta elettrica dovrebbe inoltre servire anche per aggirare le inefficienze del sistema di esazione dei tributi.
Dovrebbe funzionare così, se non fosse che il sindacato socialista dei lavoratori elettrici ha annunciato che non intende “partecipare al racket governativo”, il che verosimilmente significa che la tassa avrà serie difficoltà ad essere incassata. E non è tutto: il sindacato dei ristoratori (esiste anche quello, in Grecia, anche se ovviamente è relativo ad imprenditori e non a lavoratori) ha annunciato alla fine di agosto che i suoi aderenti non verseranno al fisco l’aumento dell’Iva sulla ristorazione, passata dal 13 al 23 per cento, senza specificare se non la applicheranno o si limiteranno ad intascarla.
Date queste premesse, non stupisce che il gettito aggiuntivo greco sia ogni volta così scarso rispetto al preventivato, pur al netto del deterioramento della congiuntura indotto dalle continue strette, pur depotenziate dalla condizione di anarchia in cui si trova il paese ed il suo sistema di esazione tributaria.