A quanto pare, nel corso del prossimo mese e mezzo prenderà forma il nuovo super-fondo europeo che dovrebbe salvare gli stati sovrani e le banche, e permettere che la Grecia possa andare in default in santa pace (l’ossimorico default “ordinato”). Non sappiamo come andrà a finire, ma abbiamo la certezza che da oggi sussurri e grida si moltiplicheranno senza posa. Smentite, controsmentite, l’EFSF che va bene così com’è ma anche no.
La Bce che taglia i tassi oppure si limiterà a fornire liquidità con la reintroduzione delle operazioni di rifinanziamento a 12 mesi (LTRO, Long Term Refinancing Operations), già a partire dal meeting dell’Eurotower del prossimo 6 ottobre; oppure che riprende il suo piccolo easing quantitativo acquistando covered bond su base non sterilizzata, come già fatto un paio di anni addietro, per soli 60 miliardi di euro. Quello che è certo è che la pressione politica globale sull’Europa (e su Berlino, nella fattispecie) è formidabile. Gli americani stanno facendo di tutto per sbloccare l’empasse, con un misto di blandizie, minacce e pubbliche reprimende. Non vorremmo essere in Angela Merkel, in questo suo appuntamento con la storia. Esiste la non piccolissima probabilità che la Kanzlerin sia comunque dannata, qualunque decisione prenda o le venga fatta prendere.
Quello che possiamo dire, a commento della fase che sta per aprirsi, è che servirebbe non abbandonarsi ad un prematuro ottimismo. Creare un EFSF agli steroidi, in modalità CDO, cioè affiancandolo alla Bce in una operazione dove il primo si prende la first loss in caso di default sovrani e la seconda si aggira sui mercati brandendo un’arma atomica da da due o tremila miliardi di euro è immagine suggestiva ma che richiederà, per concretizzarsi, numerosi e non indolori passaggi istituzionali, anche in caso si evitasse una nuova ratifica dei parlamenti nazionali, proprio mentre è ancora in corso quella relativa al “salvataggio” greco dello scorso 21 luglio.
Il tutto senza dimenticare che stiamo andando, con elevata probabilità, verso una recessione sulle due sponde dell’Atlantico; e anche se riuscissimo ad evitarla nel nocciolo del reattore europeo, essa è pressoché certa alla periferia della regione. Soprattutto in paesi come il nostro, che puntano cervelloticamente sulla stretta fiscale per raggiungere un improbabile pareggio di bilancio “per la prima volta dall’Unità nazionale”. Di questo passo, non riusciremo a raccontare questa impresa alla posterità, ammesso e non concesso di conseguirla.
Ci aspettano, quindi, sei settimane di docce scozzesi, di letture sghembe dei mercati da parte dei nostri commentatori domestici, di causalità inesistenti, di altrettanto inesistenti meriti rivendicati nel mercato delle vacche della politica, di narrative allucinate. Ricordando che può andare storto qualsiasi cosa, nel percorso che porta alla UEM “duepuntozero”.