E’ assai difficile, vedendo e leggendo le reazioni entusiastiche dei promotori della reintroduzione del Mattarellum (noto istituto salvifico per la nostra maleodorante repubblica) sfuggire alla impressione che siamo di fronte alla riedizione del rutilante lavacro di democrazia più o meno diretta visto con i referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento.
La cosa funziona così: si carica il referendum di valenze improprie ed aspettative iperboliche. Si dibatte furiosamente in modalità piazza (più o meno pulita) e altrettanto rigorosamente in presa diretta, e si attende il climax dato, nell’ordine, dalla dichiarazione di ammissibilità da parte della Consulta, dalla calendarizzazione dell’Evento (che promette di essere ben più dirimente del lancio del Kindle Fire o dell’iPhone 5), poi si ulula (la stragrande maggioranza in perfetta buona fede, sia chiaro) contro le Forze della Conservazione che impediscono al paese di uscire dalla tenebre e boicottano il referendum.
Alla fine giunge (forse) l’agognato giorno del Giudizio Popolare, si vota contro gli inviti ad andare al mare, e si ottiene un quorum epocale. Il giorno dopo, diradandosi i fumi dell’urlo liberatorio “se non ora, quando?”, si scopre che in realtà il reinsediato Mattarellum non cambia di una virgola la condizione del paese né il rendimento di un sistema partitico che vive di espedienti. Ah, e soprattutto, i nostri audaci referendari sono destinati a scoprire che anche l’eventuale reintroduzione del Mattarellum, oltre a consentire il più classico dei voti di scambio, non cambia di una virgola il criminale sistema dei cosiddetti “rimborsi elettorali“. E’ che a noi italiani ci frega la passione, ogni volta.
Però, volete mettere la poderosa canalizzazione dello sdegno civile e morale che riusciremo ad ottenere, nel frattempo?