“L’alternativa è tra una manovra composta di sacrifici necessari o una situazione di default europeo per infamia dell’Italia”.
E’ quanto avrebbe detto il presidente del Consiglio, Mario Monti, intervenendo al termine dell’incontro con le parti sociali e ribadendo la necessità di proseguire sulla strada del risanamento e del rigore. C’è qualcosa di illusorio e di pericoloso, in questo modo di argomentare.
Non per responsabilità di Monti, sia chiaro. Il problema e l’aspetto più angosciante di tutta questa vicenda è che, anche facendo i “compiti a casa” e raggiungendo questo falsamente salvifico pareggio di bilancio, non c’è alcuna garanzia che l’esito del default europeo venga scongiurato. Perché, come già detto, il ruolo dell’Italia e delle sue decisioni sarà fondamentale ma non necessariamente risolutivo. Dopo di noi toccherà alla Banca centrale europea, cioè ai tedeschi, evitare che gli effetti ferocemente recessivi di una serie di manovre fiscalmente restrittive non si traducano in un avvitamento mortale dell’Eurozona.
E, ancora una volta, corriamo il rischio che si riproduca la maledizione europea del “fraintendimento”, quello secondo il quale conterebbe solo il saldo finale, e non il modo con il quale il medesimo si consegue. La pressione fiscale italiana, almeno quella sull'”emerso”, rischia di mandare il paese fuori controllo, alimentando un mortale circolo vizioso che in primavera potrebbe richiedere una nuova manovra. Attendiamo il dettaglio delle misure, che saranno comunque fortemente sbilanciate, ancora una volta, dal versante fiscale. Ma attendiamo anche i dettagli operativi del nuovo “patto di stabilità europeo”, per capire se abbiamo una qualche speranza di rivedere la luce, o se ci attende il Medioevo prossimo venturo della distruzione dell’Europa e del suo benessere.
Ma se anche dovessimo evitarlo, ci attendono comunque momenti molto difficili. Se in quel “patto” dovessero esserci solo sanzioni per i paesi che non riescono ad immolarsi sull’altare del pareggio di bilancio purchessia e non un processo di riforma strutturale dei meccanismi di coordinamento comunitario rivolto allo sviluppo, prepariamoci al peggio.