Mentre attendiamo di capire se la Banca centrale europea ha un piano per gestire il muro di debito sovrano in scadenza nei primi due mesi del 2012, una ricerca di Société Générale evidenzia l’ovvio, cioè che la liquidità di cui la Bce ha inondato il sistema (e tornerà a farlo a febbraio, con una seconda operazione triennale) non riesce in alcun modo a contrastare il credit crunch e la diffidenza tra banche commerciali, che hanno ormai seppellito l’interbancario.
Lo studio di SocGen si ferma al 23 dicembre, e potrebbe quindi non recepire appieno gli effetti del LTRO a 36 mesi effettuato dalla Bce. Se la tendenza fosse confermata, ci sarebbe poco da rallegrarsi: la divaricazione tra crescita della base monetaria e dell’offerta di moneta continua ad aumentare, ed il moltiplicatore monetario è conseguentemente crollato. Come scrivono gli analisti di SocGen:
«Usando i dati settimanali Bce dal 23 dicembre, la base monetaria è aumentata del 46% nell’ultimo anno, mentre l’offerta di moneta è cresciuta di solo il 2% (con la grandezza controparte di M3, i prestiti al settore privato, in rialzo a novembre di solo l’1,7% su base annua, ed in ulteriore rallentamento). In altre parole, la Bce sta stampando moneta ma la trasmissione all’economia reale è estremamente debole. Siamo stati e restiamo scettici circa il fatto che tale forma passiva di easing quantitativo possa riuscire a ribaltare le sorti dell’economia. Il moltiplicatore della moneta, ora al minimo storico in Eurozona, si è più che dimezzato dal picco del 2002»
C’è da dire che esistono motivi facilmente identificabili per questo crollo del moltiplicatore, e gli analisti di SocGen lo segnalano:
«La pressione sulle banche affinché riducano la leva finanziaria e la mancanza di appetito per l’indebitamento del settore privato non finanziario sono tali che la Bce dovrebbe pensare ad altri piani»
Proprio così: il sistema bancario dell’Eurozona, che necessitava di una ripresa della crescita per ricapitalizzarsi e diluire le scorie di investimenti andati male, ha ricevuto in piena faccia il diktat della ricapitalizzazione delle banche, decisa dalla European Banking Authority in diretta conseguenza dell’abbattimento del debito sovrano greco detenuto dal settore privato. Giusto per ricordare attraverso quali errori (di tempistica, non di principio) siamo giunti sin qui.
A proposito di haircut greco, il negoziato infinito tra governo di Atene e banche creditrici si sta ancora trascinando. Poiché la Troika si illude che il totale dei finanziamenti di emergenza alla Grecia debba restare invariato, e visto invece che il buco greco si allarga di settimana in settimana, ecco che si pone l’esigenza di un gigantesco taglio al debito sovrano di Atene detenuto dai privati, stimato ormai nell’ordine del 75-80 per cento. Solo in questo modo si eviterà a Ue, Bce ed FMI di dover sborsare altre somme. Ovviamente tutto scricchiola vistosamente, ed i tedeschi stanno già per entrare in azione, chiedendo un haircut cogente, cioè un evento di credito (i.e. default), e non più la finzione di un accordo “volontario”.
Sappiamo che vi siete persi, e non siete i soli. Quello che conta, a livello di sintesi, è quanto segue:
- In Eurozona è in atto un credit crunch, che produrrà una recessione molto profonda;
- Tale credit crunch deriva dalla stretta fiscale concentrata e violenta che l’Eurozona si è autoinflitta per volere tedesco e, soprattutto, dalla ricapitalizzazione delle banche, voluta fortemente dalla Germania e subita dal resto dell’Eurozona;
- Il sistema idraulico dell’Eurozona è rotto, e la Bce non riesce a ripararlo;
- Come corollario, si conferma la drammatica divaricazione tra base monetaria ed offerta di moneta, con buona pace dei nostri austriacanti confusi;
Ultima nota: abbiamo letto di recente i giudizi di alcuni commentatori strongly opinionated, secondo i quali la ricapitalizzazione delle banche è cosa buona e giusta e dovrebbe avvenire comunque, indipendentemente dalla disponibilità di fondi da parte degli attuali gruppi di controllo. Saremmo anche d’accordo in linea di principio, visto che restiamo mercatisti convinti e le oligarchie ci sono sempre state massimamente sulle scatole; ma voi comprendete che, in una circostanza del genere, dovremmo vendere le nostre banche a russi, cinesi e monarchie petrolifere del Golfo. Pare che, sfortunatamente, ciò sia problematico da un punto di vista geopolitico. A noi è il realismo che ci frega, ogni volta. Altrimenti avremmo già cambiato il mondo, con la forza del pensiero e un paio di modelli econometrici.