Macromonitor – 26/2/2012

Praticamente tutte le asset class fanno segnare avanzamenti in settimana. Nuovo massimo di ciclo per l’azionario statunitense, Giappone ed Europa ai massimi dagli ultimi sei mesi. Flessione dei rendimenti sul debito governativo in Europa e Stati Uniti.

L’avanzata dei mercati è proseguita malgrado le nubi sul Medio Oriente, con il Brent a nuovi massimi di ciclo economico. La probabilità di attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani resta sullo sfondo, anche se i mercati appaiono non prezzarla ancora come rischio imminente, forse anche in ragione del fatto che l’evento sarebbe di gravità tale da lasciare immaginare di esperire tutte le vie alternative (come un embargo sempre più stringente) prima di scegliere l’opzione militare.

La ripresa dei mercati rischiosi continua a poggiare su condizioni di abbondante fornitura di liquidità garantite da politiche monetarie eccezionalmente lasche, e dal graduale venire meno (non in senso di risoluzione ma di attenuazione del problema) di quelli che ormai divenuti i tre fattori “tradizionali” di rischio: Eurozona, Stati Uniti e Cina. Il rischio Iran-petrolio sta aumentando, ma non ancora al punto da compensare le forze rialziste. Una analisi di scenario non può prescindere dalla distinzione tra bombardamenti circoscritti ed un conflitto esteso, tale da provocare il blocco dello Stretto di Hormuz. Per comprendere tale distinzione è utile sapere che l’Iran esporta circa 2,4 milioni di barili al giorno su una produzione globale oggi pari a circa 90 milioni/giorno. Di questi, circa 16 milioni di barili/giorno passano attraverso lo Stretto di Hormuz.

In caso di conflitto è verosimile attendersi un ulteriore rialzo del prezzo dell’oro (pur se successivo ad una prima fase di realizzi di posizioni “a leva”), un calo degli indici azionari e più in generale degli attivi rischiosi come le obbligazioni societarie, una fuga verso la qualità dei titoli di stato dei paesi sviluppati che sono percepiti come “sicuri”, ed un rialzo del dollaro, visto come “bene rifugio”. Più incerto l’effetto sulle valute emergenti. Da un lato ci si dovrebbe attendere un loro deprezzamento, indotto da avversione al rischio (amplificato per i paesi emergenti che sono importatori netti di petrolio), mentre produttori ed esportatori netti di energia vedrebbero un probabile recupero delle proprie valute, a differenza di quanto tipicamente accade durante una recessione.

In settimana, sul mercato del reddito fisso, si è assistito ad un ripiegamento dei rendimenti, malgrado il rialzo azionario. Il rischio greco, nonostante l’ancora elevato execution risk legato ad una pluralità di adempimenti da implementare, appare ridimensionato, pur se nel breve periodo. Se questo scenario fosse confermato, l’attesa sarebbe per una pressione al rialzo dei rendimenti sui Bund (anche se tale movimento sarebbe comunque frenato dall’enorme liquidità esistente nel sistema finanziario globale) ed al ribasso di quelli sui paesi periferici. I rendimenti forward sulla parte lunga della curva sono quasi nulli, continuando quindi a prezzare una prolungata stagnazione, valutazione che potrebbe risultare eccessivamente pessimistica. Attesa la seconda asta triennale della Bce (LTRO), il 29 febbraio. Le tensioni mediorientali stanno influendo sul mercato dei titoli di stato attraverso il costante aumento dei breakeven inflation rates sui titoli indicizzati all’inflazione.

Il mercato azionario ha proseguito il recupero, sorretto dalla “sistemazione” del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia e dati macro ancora soddisfacenti. L’ascesa dei prezzi del greggio sta tuttavia iniziando a causare timori, anche ricordando quanto accadde lo scorso anno dopo un analogo movimento. Il rialzo del 15 per cento dei prezzi del greggio segnato negli ultimi mesi, pur non essendo ancora comparabile all’oltre 50 per cento di rialzo visto tra settembre 2010 e marzo 2011, rappresenta comunque una spia di attenzione, se non di allarme. Un modo per coprirsi dal rischio-evento è quello di sovrappesare il settore energetico. Un altro modo è rappresentato da strategie di acquisto di volatilità, considerando il basso livello attuale dell’indice VIX.

Sul mercato dei cambi, l’andamento del dollaro ponderato per i flussi finanziari resta in un sostanziale trading range. Entro questa stabilità aggregata, vi sono tuttavia significativi movimenti bilaterali contro il biglietto verde: forte deprezzamento di sterlina e yen, rivalutazione di valute petrolifere quali la corona norvegese ed il rublo, euro ai massimi da tre mesi. Le correlazioni tra coppie di valute sono diminuite dai massimi di quasi un decennio toccati a gennaio, tornando ad evidenziare specificità nazionali-regionali, ora che la crisi greca è stata temporaneamente accantonata, probabilmente per un mese, fino alle elezioni politiche, quando il tradizionale bipolarismo Pasok-Nuova Democrazia potrebbe lasciare il passo ad una forte frammentazione ed estremizzazione della rappresentanza parlamentare.

Le materie prime sono in rialzo settimanale di circa il 3 per cento espresso in dollari, sulla spinta di rialzi del greggio dell’ordine del 4 per cento. Dietro l’ascesa dei prezzi vi è verosimilmente un movimento di accumulazione di scorte prudenziali, ma anche problemi di offerta da Sudan e Mare del Nord, che hanno ristretto il mercato nel momento in cui un grande raffinatore europeo (la svizzera Petroplus) dichiarava la propria insolvenza e le condizioni climatiche in Europa ed Asia divenivano molto rigide. Tutti questi elementi hanno contribuito a porre la curva a termine del Brent in backwardation, cioè con prezzi spot più elevati di quelli futures. L’approssimarsi della primavera dovrebbe contribuire in parte a normalizzare alcuni elementi di squilibrio delle dinamiche di mercato, ma l’incertezza relativa all’evoluzione della crisi iraniana, come detto, non è destinata a svanire in tempi brevi.

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