Interessante articolo del bravo Vittorio Malagutti sul Fatto, in cui si raccontano le assai poco eroiche gesta delle fondazioni bancarie, passate nello spazio di una stagione di crisi da casseforti ricche di tessuto adiposo a entità in via di progressivo indebitamento al solo scopo di tenere le posizioni negli aumenti di capitale delle banche conferitarie.
Malagutti segnala il ruolo sempre più importante (oltre che ricco di criticità) di Mediobanca, che effettivamente non ha mai smesso di “fare sistema”, ma anche il malsano intreccio di conflitti di interesse: fondazioni che diventano azionisti dell’istituto di Piazzetta Cuccia al fine di ottenere un posto in consiglio, e poi ne diventano debitori, per partecipare agli aumenti di capitale delle banche controllate. Ma quanto è sano questo modello fintamente privato e realmente pubblico-oligarchico del controllo del credito in Italia, vero?
Come se non bastasse il problema della devastante concentrazione degli investimenti da parte delle fondazioni, ora c’è anche quello della redditività delle banche conferitarie. Per effettuare erogazioni e servire il nuovo debito contratto le fondazioni necessitano di grassi dividendi da parte delle banche. Qualcuno può realisticamente pensare che tali dividendi possano arrivare, nel contesto economico in cui si trova immerso questo paese? E’ una domanda retorica, ovviamente. Anche se qualcuno batte i piedi per terra, ed esige la cedola. Beata ignoranza o deliberata pulsione suicida?
E per recuperare rapidamente la redditività delle banche, che si potrebbe fare? Magari aumentare ulteriormente il costo del credito, fino al punto di rottura del giocattolo? Non pare esattamente una buona idea, anche perché poi le erogazioni delle fondazioni rischierebbero di essere soprattutto per le mense dei poveri e le strutture di assistenza del proprio distretto. Proseguire nel carry trade della Bce, comprando titoli di stato ed altri attivi, anche fuori dal paese? Può essere, ma le banche di solito nella vita fanno altro.
Morale: il sistema della proprietà delle banche ha posto le basi per la propria implosione, per manifesta assenza di redditività. Tra qualche tempo, quando faremo il post mortem di questa situazione, ci verrà spontaneo constatare: ma guarda quanto sono stati fessi, questi politici (ché di loro si tratta): si sono indebitati per un investimento dalla redditività inferiore al costo del debito. Ma dove hanno studiato l’economia? Per ora, chi vuol esser lieto sia, soprattutto i mecenati con i soldi degli altri. Sperando che governo e Banca d’Italia abbiano già apprestato un bel contingency plan per il riordino degli assetti proprietari del credito di questo disgraziato paese e disinnescare la bomba di debito che le fondazioni si sono allegramente piazzate sotto il fondoschiena.