Una Spagna irlandese

Sull’Economist, alcune considerazioni sulla crisi spagnola. Preme sottolineare che ormai hanno capito quasi tutti (è quel quasi che ci preoccupa, soprattutto leggendo alcune cocciute interpretazioni) che l’origine dei problemi spagnoli (e irlandesi) non è una di eccessivo indebitamento pubblico, bensì privato.

Prima dello scoppio della bolla, la Spagna aveva metriche di debito e deficit da sogno ed anche oggi, come osserva l’Economist, il suo rapporto debito-Pil si trova a circa il 70 per cento. Il paese, proprio come l’Irlanda, è stato “miracolato” e poi maledetto da una poderosa bolla immobiliare, veicolata da un sistema finanziario europeo e globale che ha continuato a pompare fondi in Spagna (esattamente come accaduto in Irlanda). Il credito immobiliare è stato visto come la via più rapida per fare soldi non solo dalle banche spagnole, ma anche dallo stesso governo di Madrid. Anche qui, esattamente come accaduto in Irlanda.

Non stupisce quindi che, dopo lo scoppio della bolla il gettito fiscale dei due paesi sia crollato allo stesso modo, causando quindi l’esplosione di deficit e debito pubblici. E’ un evidente meccanismo di trasmissione dal settore privato a quello pubblico, eppure ancora moltissimi non ci arrivano. Per approfondimenti sulla fiscalità spagnola, segnaliamo questo ottimo ed informativo pezzo apparso sul blog Nada es gratis, in cui peraltro si colgono ulteriori analogie tra Spagna e Irlanda e si arriva a suggerire un riequilibrio delle fonti di gettito (e l’innalzamento della pressione fiscale) attraverso l’aumento “sostanziale” dell’Iva e l’introduzione di una patrimoniale “alla francese”. Cose un po’ diverse da quelle che abitualmente si suggeriscono per il nostro paese, ma non è quello il punto.

Ma a parte ciò, è utile focalizzarsi sulle similitudini tra il caso irlandese e quello spagnolo. Riguardo il sistema creditizio, è vero che la Spagna si trova con un sistema di casse di risparmio ed istituti di dimensioni medie assolutamente vampirizzati dalla politica, e quindi sospettati di essere sgovernati, ma che possiamo dire delle banche irlandesi, che hanno fatto la stessa fine, travolte da crediti immobiliari inesigibili? Non è che la dinamica della crisi (eccesso di consumi privati, eccesso di credito facile al settore immobiliare) finisce con l’accomunare realtà differenti, ad esempio la politicizzazione malsana ed i modelli di liberismo? Forse servirebbe davvero un approccio meno ideologico e più pragmatico a questa crisi, ad evitare di deformare la realtà per comprimerla in categorie che riscuotono molto successo nei social network ma risultano meno funzionali per correggere l’esistente.

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