Brunetta e l’audace piano delle banche tedesche per distruggere il mondo

Nel caso vi fosse sfuggito, ieri sul Giornale c’era un racconto di Renato Brunetta, di purissimo genere cospirazionista. In esso viene narrato come le banche tedesche hanno mandato a gambe all’aria l’economia italiana, senza colpo ferire. Roba per veri intenditori.

Saltando la lunghissima introduzione, veniamo al cuore del plot. Si comincia con una definizione da libro di testo, ma non è chiaro adottato in quale corso:

«Se andiamo ad analizzare l’inizio della bufera finanziaria, vediamo come in Italia la corsa a rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato (n.b.: i rendimenti, che si formano sul mercato primario delle aste e determinano il servizio del debito e non gli spread, che si formano sul mercato secondario) sia cominciata a giugno 2011, ma in realtà la tempesta perfetta si stava preparando già qualche mese prima»

Per gradire, i rendimenti si formano ovunque, sul primario come sul secondario. Forse che negli scambi quotidiani un titolo di stato viene scambiato non in base al rendimento ma alla sua attitudine a produrre calore? Quando un titolo di stato va in asta, viene collocato in base ad un rendimento. Conoscendo tale rendimento, e raffrontandolo con il rendimento di equivalente titolo di stato tedesco di pari durata, si ottiene lo spread. Quindi siamo già in modalità sfondone da matricola disastrata. Ma il bello deve ancora arrivare. E puntualmente arriva sulla lettura dell’andamento dei rendimenti di mercato in Eurozona, in un dato periodo dello scorso anno:

«In effetti, tra febbraio e maggio 2011, c’è stata calma piatta sui mercati, che hanno visto i rendimenti dei titoli decennali tedeschi stabili attorno al 3,28% e i rendimenti dei Btp italiani ugualmente stabili, tra il 4,73% e il 4,84%, con 150 punti circa di differenza (spread). Con una sola avvertenza: i rendimenti dei titoli del debito pubblico della Germania erano su una curva ascendente, in ragione non tanto dei problemi della finanza pubblica, quanto di quelli della finanza privata: le banche, oggettivamente a rischio. Le banche tedesche, infatti, hanno al loro interno rilevanti componenti di debolezza che derivano dai loro comportamenti spericolati e dai loro investimenti sbagliati»

Sarebbe utile sapere come è possibile che sui mercati ci sia “calma piatta” in termini di scarsa o nulla variazione dei rendimenti e degli spread (potrebbe esserci la seconda ma non la prima, se i rendimenti fossero omogeneamente in rialzo), e riuscire al contempo ad affermare che “i rendimenti dei titoli del debito pubblico tedesco erano su una curva ascendente”. Siamo decisamente in una realtà parallela, o meglio, ai confini della realtà. Suggerire poi che tale rialzo dei rendimenti tedeschi derivi non da una ipotetica ripresa in atto (almeno come percepita dai mercati) bensì da “problemi della finanza privata” è una frase molto grave ma non suffragata da alcun elemento di mercato, visto che ad esempio i credit default swap sulla Germania, nel periodo “analizzato” da Brunetta, addirittura stavano stringendo, passando da circa 60 punti-base a inizio febbraio 2011 per chiudere poco sopra i 40 punti-base a fine maggio. Quindi, i mercati non prezzavano rischi particolari per il “sistema Germania”. E neppure per l’Italia, visto che il cds del nostro paese, in quel periodo, segnava una traiettoria identica a quella tedesca, pur se su livelli differenti. Perché la ripresa e la crescita riducono ogni rischio, con buona pace delle letture di Brunetta.

Una cosa che Brunetta omette, nella sua avvincente trama da complotto internazionale, è che nei mesi da egli segnalati la Bce di Jean-Claude Trichet aveva annunciato di esser pronta ad avviare la “normalizzazione” dei tassi d’interesse, alzandoli, avendo ritenuto che la ripresa fosse ormai in atto. Ecco perché tutti i rendimenti dei governativi europei erano in rialzo, a inizio 2011. Ma rendimenti in rialzo, in paesi che non crescono (come il nostro) significano aumento di deficit e rischio di avvitamento. I mercati si innervosiscono, e noi finiamo nel mirino. Tutto ciò premesso, che accade quindi, a giugno 2011? Che crolla tutto. Ma Brunetta lo legge a modo suo, come frutto di un mirabile complotto della “finanza privata” tedesca:

«Il combinato disposto dell’aumento dei rendimenti dei titoli pubblici, del dubbio valore dei titoli tossici e delle perdite sui titoli greci nei portafogli delle banche da una parte e le regole stringenti di Eba e Basilea 3 dall’altra hanno, quindi, generato una situazione di forte tensione nel sistema finanziario privato tedesco. La reazione è stata geniale e cinica: la finanza privata tedesca, con l’appoggio implicito del proprio governo, ha trasferito la crisi potenziale del suo sistema bancario sui paesi più deboli dell’eurozona. Come? Vendendo e dando indicazioni generalizzate di vendere i titoli del debito sovrano, prevalentemente greci e italiani, sul mercato secondario, al fine di aumentarne i rendimenti sul mercato primario»

Questo passaggio non lo ha scritto Beppe Grillo, ma Brunetta. O più verosimilmente un suo “allievo”. A parte che Brunetta ed il suo allievo non capiscono che secondario e primario sono la stessa cosa, già vediamo le banche tedesche, davanti al caminetto, ed in collegamento telefonico con Merkel e Schaeuble, decidere che tutti i titoli della periferia vanno venduti, perché in tal modo il loro prezzo crollerà, si diffonderà il panico in Europa e tutti correranno a comprare Bund, che saliranno di prezzo e premieranno il sistema bancario tedesco. Il guaio di queste interpretazioni è che sono verosimili, non vere, ma tendono a fissarsi nella mente di chi le ascolta, soprattutto nella mente di non specialisti.

Che poi, a pensarci bene, è geniale: le banche tedesche perdono soldi sulla Grecia, quindi decidono di buttare via tutti i titoli italiani, per perdere ancora più soldi oltre che distruggere il continente, per interconnessione, visto che banche francesi posseggono titoli italiani, e banche tedesche posseggono titoli francesi. La realtà è che, oltre al rialzo dei tassi d’interesse, l’avvitamento della crisi greca aveva innescato prese di posizione sempre più dure da parte del governo tedesco, che non escludeva la possibilità che qualcuno venisse cacciato dall’Eurozona. Anzi, a dirla tutta, non passava giorno senza che qualche grosso calibro tedesco non chiedesse sanzioni supreme contro i debosciati che non pareggiassero il bilancio immediatamente.

A quel punto, i mercati hanno semplicemente fatto due più due, e sono giunti alla conclusione che nell’euro vi fosse un altissimo e crescente “rischio di convertibilità”, cioè che l’euro fosse tutto tranne che irreversibile. In autunno arrivò poi la sciagurata metodologia Eba sugli stress test, che effettivamente premiò le banche tedesche ed i loro Bund, ma per motivi che nulla hanno a che fare col raccontino di Brunetta. Anche qui, superfluo ricordarvi e ricordare a Brunetta ed al suo ghost writer che dal crollo dell’Eurozona la Germania avrebbe solo da perdere. Sarebbe fatta a pezzi, per dirla tutta.

Però il racconto fila, in complesso, ad uso delle menti semplici (o non specialiste). Tutto per ribadire un concetto: siamo innocenti e vittime di un complotto. Siamo, invece, certamente vittime di catastrofici errori di teoria economica e di lettura del mondo da parte dei tedeschi e della loro incapacità genetica di ragionare in modo sistemico, perché Deutschland über alles in der Welt. Ma siamo comunque responsabili per non aver riformato nulla, in un quindicennio, ed esserci cullati su questa scriteriata negligenza.

Ma certamente Brunetta ha un futuro come sceneggiatore di fiction finanziaria. Giulietto Chiesa è avvertito.

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