Non che non si sapesse, ma vederlo visualizzato in questo modo è sempre scioccante e deprimente. La società di consulenza Price Waterhouse Coopers ha calcolato il livello di onerosità fiscale complessiva su una impresa-tipo di 60 dipendenti in giro per il mondo, su un campione di 185 paesi. Il nostro paese resta in condizione pre-agonica.
Utilizzando un indicatore composito, fatto di numero di adempimenti, ore dedicate alla compilazione delle dichiarazioni e pressione fiscale complessiva, l’Italia è alla posizione 131, con 15 adempimenti fiscali che richiedono un totale di 269 ore. Ma il dato drammatico è quello della pressione fiscale complessiva.
Da esso emerge che le aziende italiane, così come definite nel campione PWC, hanno un tax rate totale del 68,3 per cento, su cui gli oneri sociali pesano per circa due terzi. Anche la Francia è messa tragicamente, come si vede dal grafico riprodotto qui sotto, pubblicato da Les Echos, con un cuneo fiscale ancor più elevato del nostro. Se a questo tax rate sommate il costo del credito, potete solo stupirvi del fatto che in Italia esista ancora un sistema delle imprese, anche se non è chiaro per quanto tempo.
La terapia? La solita: tagliare il cuneo fiscale, di almeno 20-25 punti percentuali. La domanda? La solita: taglio finanziato con quali soldi? E non dite “lotta agli sprechi, all’evasione ed alla corruzione”, per favore, siamo seri e realisti. Ed alla fine, cresce la probabilità che si arrivi alla falcidie delle retribuzioni nominali, per manifesta mancanza di risorse fiscali.