A che punto è l’euronotte italiana

Sul Fatto, intervista ad Alessandro Penati sul rapporto turbolento tra Italia e mercati finanziari e sulle prospettive del nostro paese dopo il risultato elettorale. Prescindendo dall’interpretazione delle forti vendite di ieri, Penati svolge delle considerazioni largamente condivisibili e motivo di riflessione, ad ampio raggio.

Alcune pillole del pensiero di Penati:

Su federalismo ed area valutaria non ottimale:
«In una moneta unica non puoi avere trend di crescita della produttività così diversi tra i vari paesi. Negli Usa, a spanne, le differenze vengono riequilibrate per il 40% dal bilancio federale, per il 60% dalla mobilità dei fattori. Lì parlano la stessa lingua, ed i costi per trasferirsi sono bassi. Qua non si muovono né i soldi né le persone»

Sul piccolo mondo antico da esportazione e sul mai abbastanza compreso concetto di ragioni di scambio:
«Se si continua così mangeremo le verdure dell’orto e venderemo le nostre belle scarpe all’estero. Ma quante scarpe servono per comprare una risonanza magnetica? Le nazioni non spariscono ed il grado di sopportazione delle persone non è infinito»

Sulla Germania locomotiva neghittosa:
«E’ vero che tutta la loro (bassa) crescita è stata fatta comprimendo i consumi e tagliando il costo del lavoro a favore dei profitti delle imprese. L’esperienza storica dimostra che i paesi non cambiano politiche così in fretta» [Mai dire mai, ma è probabile che la Germania non cambierà in nessun caso queste politiche, che sono profondamente innestate nella cultura del paese, ndPh.]

Che fare, quindi?
«Ricontrattare i vincoli di bilancio: se, ad esempio, il deficit è dovuto a taglio delle tasse sulle imprese o ad ammortizzatori sociali si può fare, come fece la stessa Germania nel 2003. Per convincerli sarebbe utile accettare la “tutela” europea, una sorta di notaio sui nostri impegni»

Questa in effetti era proprio l’idea di Bersani, in caso di vittoria elettorale e guida del nuovo governo, verosimilmente alleandosi a Re Tentenna Hollande. E adesso?

P.S. Sappiamo quello che state pensando: la Germania non accetterebbe mai un simile accordo, perché impegnata in una distruttiva guerra di conquista in Europa. La risposta è sempre quella: può darsi tutto, ma se un paese si mette a “pianificare” a tavolino una guerra di conquista che preveda la distruzione sistematica delle economie dei paesi in cui dovrebbe vendere i propri beni, sorge il legittimo sospetto che i tedeschi siano irrimediabilmente stupidi. O no?

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