Il mese di febbraio si è concluso con una flessione dell’azionario globale ed un rally del dollaro contro divise sviluppate ed emergenti. L’esito elettorale italiano sta finora producendo effetti nel complesso contenuti.
La possibilità di una accelerazione alla crescita globale vengono contrastate dagli ultimi dati sulla manifattura, in lieve ripiegamento, dall’avvio del processo di tagli automatici di bilancio negli Stati Uniti (la cosiddetta sequestration), e da deludenti dati relativi all’Eurozona. Tra gli elementi positivi, la reflazione giapponese appare prendere forza, con le designazione al vertice della Bank of Japan di tre soggetti sensibili alle richieste governative, ed ultimi dati economici nazionali in apparente ripresa. Altri elementi di incertezza, nel panorama di crescita, sono relativi allo stallo politico italiano dopo le elezioni, ed alle misure cinesi di contenimento dell’inflazione immobiliare. Tali elementi, allo stato, non appaiono aver (ancora) assunto caratteristiche sistemiche.
Sul mercato dei titoli di stato, in settimana si è verificato un rally del debito sovrano di emittenti considerati sicuri, per movimento di avversione al rischio causato dall’esito delle elezioni italiane, che potenzialmente potrebbe scuotere il convincimento dei mercati circa la natura cronica e non più contagiosa della crisi dell’Eurozona. Al momento, il rialzo dei rendimenti di mercato non si è esteso alla Spagna, il che indica un impatto localizzato dell’episodio italiano. In settimana, andamento positivo per i Gilt britannici, mentre i titoli di stato giapponesi si confermano il miglior mercato da inizio anno. In entrambi i casi le rispettive banche centrali stanno adottando una retorica reflazionistica o inflazionistica (come più propriamente avviene nel caso britannico, che non è caratterizzato da deflazione, a differenza del Giappone). Mentre l’impatto di tali retoriche sull’andamento del cambio è prevedibile (nel senso di produrre un indebolimento), più problematico è prevedere quello sul corso dei titoli di stato, perché da un lato pesano gli acquisti delle banche centrali, dall’altro l’eventuale risalita dell’inflazione o delle aspettative sulla medesima. Negli Stati Uniti, i Treasury hanno avuto un recupero dopo che la Fed ha confermato di essere impegnata a fornire stimolo all’economia fino a quando sarà evidente che la crescita avrà posto radici. In Giappone, il nuovo governo ha sorpreso gli osservatori con la designazione di Kikuo Iwata, sostenitore di politiche di reflazione radicale, alla posizione di uno dei due vice governatori della Bank of Japan. Le aspettative di quanto potrà accadere hanno spinto il rendimento del titolo di stato decennale ai minimi dell’ultimo decennio.
Sul mercato azionario ancora pressione ribassista, dopo il problematico esito elettorale italiano, che solleva la possibilità di ricomparsa di rischi in Eurozona. Al contempo, tale esito accresce la probabilità che gli investitori possano ricorrere al “porto sicuro” del mercato azionario statunitense, come accaduto in precedenza, ogni volta che la crisi di debito sovrano in Eurozona ha dato segni di riacutizzazione. Anche il maggior peso relativo dell’attività di fusioni ed acquisizioni tende a sostenere il mercato statunitense.
Sul mercato delle obbligazioni societarie, in settimana gli spread europei hanno evidenziato un allargamento, a seguito dell’incertezza politica italiana, mentre quelli statunitensi sono rimasti stabili. Il mercato high yield statunitense ha mostrato un restringimento degli spread, anche a seguito dei dati che mostrano un’ulteriore riduzione dei tassi di default realizzato, oggi ai minimi da giugno 2012.
Sul mercato dei cambi, la reazione agli eventi italiani è stata finora contenuta. L’indebolimento dell’euro contro dollaro era peraltro già in atto prima delle elezioni, ed è finora di un ordine di magnitudine molto contenuto rispetto a precedenti episodi di crisi dell’Eurozona, oltre ad essere (almeno sino a questo momento) indotto sopratutto dalla crescente probabilità di un taglio dei tassi ufficiali da parte della Bce, stante il recente deterioramento della congiuntura in Eurozona rispetto alle attese. Discorso diverso, per l’andamento del cambio dell’euro, si avrebbe in ipotesi di adozione da parte della Bce anche di tassi negativi sui depositi, ma questa eventualità viene considerata al momento non attuale, a causa del rischio di rialzi dei tassi sui prestiti da parte delle banche, nel tentativo di recuperare le perdite derivanti da un tasso negativo sui depositi.
In settimana, materie prime in calo del 2 per cento circa, espresso in dollari, col ribasso guidato dai corsi del greggio. Nel corso degli ultimi due anni, i prezzi delle materie prime hanno sottoperformato quelli azionari. Questi ultimi hanno infatti beneficiato di robuste correnti di acquisto, indotte dalla presenza di un premio al rischio storicamente elevatissimo, nel momento in cui si è attenuata la percezione di alcuni rischi estremi. Come sappiamo, tale rally del mercato azionario si è prodotto pur in presenza di condizioni di crescita effettiva complessivamente modesta. I corsi delle materie prime, per contro, sono più direttamente connessi alla crescita globale, oltre a non offrire un rendimento rispetto agli attivi sicuri. La crisi politica ed istituzionale italiana ed i tagli automatici al bilancio statunitense sono elementi di incertezza aggiuntiva allo scenario di crescita globale, ed appaiono quindi destinati ad esercitare un influsso non positivo sui prezzi delle materie prime.