Nel paese a somma minore di zero

Rinviato ai prossimi giorni il consiglio dei ministri che doveva definire il testo del decreto sui debiti commerciali della pubblica amministrazione. Il ministro Vittorio Grilli, d’accordo con Corrado Passera, ha manifestato a Monti la necessità di “proseguire gli approfondimenti” dopo le risoluzioni approvate ieri da Camera e Senato. Frase che può significare molte cose, ma ha un solo senso compiuto: abbiamo problemi. Non lievi.


A monte di tutto, a noi pare che prendere una simile decisione senza aver prima ricevuto ufficializzazione dei dati di bilancio 2012, che Eurostat comunicherà solo il prossimo 22 aprile e che la Commissione Ue dovrà successivamente avallare rischi di essere quantomeno intempestivo. Solo a quel punto sapremo se il nostro paese uscirà dalla procedura per deficit eccessivo (EDP), e con quali margini di manovra. E’ certamente verosimile che il nostro governo conosca già quei numeri, ma un minimo di rispetto della forma e del galateo istituzionale europeo richiederebbe di attendere.

In caso i numeri fossero peggiori ed impedissero l’uscita dalla EDP, la priorità del governo diverrebbe non già una manovra correttiva in corso d’anno quanto la formale richiesta di un allungamento dei tempi di almeno un anno per centrare l’obiettivo, così come stanno facendo molti altri paesi dell’Eurozona, Francia e Spagna in testa. Non è infatti un caso che il governo di Madrid stia negoziando con la Commissione una revisione del rapporto deficit-Pil per il 2013 a circa il 6 per cento, dal 4,5 per cento previsto e dal 7 per cento con cui dovrebbe essersi chiuso il 2012. Proprio a causa di questa incertezza il ministro del Bilancio spagnolo, Cristobal Montoro, ha dichiarato ieri durante una conferenza stampa che “le decisioni fiscali per il 2014 non sono ancora state prese ed ovviamente dipenderanno dai negoziati con con la Commissione europea e con gli altri partner dell’Unione. Tutto dipenderà dagli obiettivi di deficit che saranno stabiliti e dalle ipotesi economiche ad esse sottostanti”

Che detta così non fa una piega, perché capita che le “assunzioni economiche sottostanti” ai target fiscali, in Eurozona, da alcuni anni siano sistematicamente sbagliate per eccesso di ottimismo. E qui torniamo al nostro disgraziato paese. Come abbiamo già orecchiato, la Commissione europea potrebbe non gradire un deficit-Pil italiano che, a causa del mezzo punto percentuale in più derivante dallo sblocco dei crediti della P.A. (per la parte relativa alle spese d’investimento) potrebbe ricadere in procedura di deficit eccessivo il prossimo anno. E soprattutto, “qualcuno” potrebbe aver già fatto girare i modelli econometrici ed essersi accorto che il nostro Pil quest’anno sarà ben peggiore di attese già ridimensionate, con rischi di buchi aggiuntivi.

A supporto di questa supposizione giunge l’ormai celeberrima “gola profonda” del sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, che questa mattina ha dichiarato:

«Quest’anno avremo un calo del Pil dell’1,3 per cento se ci dice bene, probabilmente arriveremo ad un meno 1,5, 1,6 per cento. In questa situazione è estremamente difficile risolvere ogni problema»

Ovviamente questo numero sta già girando, a Roma ed a Bruxelles. Tenendo presente che il governo, nella relazione con le stime riviste del Def, ha già rettificato il deficit-Pil di quest’anno dall’1,8 al 2,4 per cento, si confermerebbe l’elevato rischio di non sostenibilità del nostro 3 per cento di deficit-Pil, che riporta in alto mare lo sblocco dei crediti della pubblica amministrazione, perché ci costringerebbe a chiedere non tanto di utilizzare il margine di manovra prodotto dall’azione del governo Monti, quanto a richiedere uno sforamento formale degli obiettivi di deficit, cioè una azione espansiva esplicita. Tale sforamento potrebbe anche esserci accordato (anche se la Commissione ha già fatto sapere che i “casi unici” sono solo Spagna, Francia e Portogallo), ma è realistico pensare che a richiederlo ed a negoziare con la Commissione possa essere un governo in carica per il disbrigo degli affari correnti? No, vero?

Il rischio quindi è che, per sbloccare quei crediti (che assai difficilmente finiranno ad alimentare l’economia reale), si debba mettere mano ad una nuova manovra correttiva, cioè ad una partita di giro il cui effetto netto sarebbe con tutta probabilità ulteriormente depressivo per l’economia. Però state tranquilli: Bersani è rimasto a bordo e la tira in lungo per issare la bandierina sul Quirinale prima dell’ammainabandiera definitivo sul paese, i robottini leninisti del M5S non ci stanno “a prescindere”, perché tanto peggio tanto meglio, e Berlusconi ha appena ricevuto gli ultimi sondaggi, da cui emergerebbe che al prossimo giro potrebbe vincere tutto il cumulo di macerie. E comunque lo spread è un imbroglio, sia chiaro.

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