La vigorosa azione di politica monetaria non convenzionale della Federal Reserve, che ha schiacciato i tassi ufficiali a zero e promette di mantenerli tali ancora per anni, ha avuto un importante effetto collaterale: la ricerca spasmodica di rendimento da parte degli investitori, che hanno rovesciato fiumi di denaro soprattutto sulle obbligazioni High Yield, quelle a minor merito di credito e che talvolta vengono definite “spazzatura”.
Gli acquisti di bond High Yield hanno compresso i rendimenti a livelli inimmaginabili solo un paio di anni addietro. Naturalmente, ogni medaglia ha un rovescio, sopratutto il rischio di una gigantesca e pericolosa bolla. Ma chi vuol esser lieto sia, e le aziende emettono per sfruttare l’occasione irripetibile, con le motivazioni più svariate: aumentare la durata media del debito, finanziare acquisizioni e leveraged buyout, o addirittura pagare dividendo agli azionisti di aziende ad alto indebitamento, la mossa più spregiudicata. Il denominatore comune resta un livello dei rendimenti pressoché surreale.
Come segnala il Financial Times, nei giorni scorsi CNH Capital, braccio finanziario di Case New Holland, il costruttore di macchine agricole e movimento terra controllato da Fiat Industrial (di cui sostiene i conti), ha lanciato un bond quinquennale per 600 milioni di dollari con cedola di solo il 3,625 per cento. L’azienda ha rating di doppia B per S&P e l’equivalente Ba2 per Moody’s.
La società è del tutto globalizzata, ha una robusta redditività operativa e prevede da quest’anno anche un forte aumento del free cash flow, che è in soldoni una robusta garanzia della capacità di indebitamento, ma resta il fatto che emettere debito al 3,625 per cento a cinque anni per una società che resta di rating high yield è a dir poco epocale. Sono i benefici di operare su un mercato finanziario avanzato che gioca un ruolo fondamentale nel finanziamento delle imprese, ed in un paese la cui banca centrale ha aggressivamente contrastato la crisi, agendo in modo non convenzionale e senza precedenti. Non è difficile capire perché il futuro di Fiat è sempre più lontano dalla tossica Europa e dall’agonizzante e parolaia Italia.