Oggi sul blog di Beppe Grillo c’è un post che canta le lodi degli eurobond. Ma non è per questo motivo che ve lo segnaliamo bensì perché in esso sono contenuti “concetti” che sono un purissimo distillato di follia: siamo in pratica alle colonne d’Ercole dell’ignoranza, nella terra incognita dove la malafede politica incrocia il delirio.
Siete pronti? Leggere:
«Il valore di un titolo pubblico corrisponde grosso modo al valore dell’economia del Paese nel momento in cui lo emette»
E già questo è ampiamente opinabile, come dimostra la storia dei conti pubblici di Spagna ed Irlanda beneficiati dal gettito fiscale prodotto dalla bolla immobiliare che sarebbe scoppiata in faccia ai due paesi ed ai loro sistemi bancari. Poi, resta da definire “valore”: è il prezzo, che è inversamente correlato al rendimento? O che altro? Ma non sottilizziamo.
«L’economia può cambiare. Il Paese può entrare in crisi, il titolo scendere di valore reale. Con l’euro, senza la possibilità di svalutazione, senza sovranità monetaria, questo non avviene. Il titolo emesso mantiene il suo valore iniziale anche se l’economia del Paese tracolla»
Prego? Cosa sarebbe il “valore reale”? Che significa che “senza sovranità monetaria” il “titolo” non può scendere di “valore reale”? Qualcuno riesce a capire che diavolo significhino queste frasi, al di là di una purissima farneticazione? Vi risulta che i titoli di stato italiani, durante la crisi, abbiano mantenuto lo stesso “valore iniziale”? E cosa intende Grillo (o chiunque abbia scritto questa follia) per “valore reale” di un titolo di stato? E’ un mistero. Forse perché questa è una collezione di frasi prive di senso. Avere una banca centrale che stampa e monetizza il deficit, come pare suggerire il post (azione che è cosa del tutto diversa da un easing quantitativo) farebbe abbassare il rendimento in valuta locale del titolo di stato, cioè alzare il suo valore nominale.
Con valore reale forse Grillo intende quello al netto dell’inflazione? Ma se una banca centrale stampasse e monetizzasse il deficit, con relativa perdita di credibilità e susseguente fiammata inflazionistica, il valore reale del titolo scenderebbe, e di molto. Ma in questo caso sarebbe meglio dire che l’obiettivo di Grillo è quello di giocare coi soldi del Monopoli, avendo di fronte una popolazione che soffre di illusione monetaria e non si preoccupa del potere d’acquisto dei propri risparmi. In fondo, ognuno si porta a casa il default che la propria ignoranza gli consente. E poi potrebbe pure dire che in questo modo si è evitato il default con abbattimento del valore del debito, Grecia-style. A proposito, il valore (inteso come prezzo) dei titoli di stato greci è crollato, durante la crisi, perché c’è stato il default. Altro giro, altra perla:
«Chi dovesse vendere oggi titoli pubblici italiani comprati qualche anno fa ne ricaverebbe dal cosiddetto mercato secondario non più dell’80% del capitale iniziale»
Manco per idea. Grillo si prenda un indice dei titoli di stato italiani, e ne verifichi l’andamento negli ultimi 6 anni. Scoprirà che chi aveva un portafoglio di titoli di stato italiani ha guadagnato, in termini nominali e reali. In caso il compito gli risulti troppo complesso da portare a termine, dia un’occhiata qui sotto, all’indice Bloomberg Effas dei titoli di stato italiani. È un indice total return, cioè cedole e prezzo, di tutti i titoli di stato con vita residua superiore all’anno. Molto istruttivo. Altro sorso di trielina:
«I titoli pubblici, prima dell’euro, erano equiparabili ai titoli azionari. Se qualche sventurato avesse comprato 5/10 anni fa titoli Telecom o Seat si metterebbe in lutto, ma non potrebbe pretendere di essere rimborsato del valore iniziale»
Che significa “i titoli pubblici italiani, prima dell’euro, erano equiparabili ai titoli azionari”, oltre al fatto che ciò non è vero, per definizione, per ogni mercato obbligazionario? A meno che…a meno che Grillo (o l’estensore del post) non intendesse che deve esistere la possibilità di decurtare il valore di un titolo di stato, cioè fare default, come mezzo per rilanciare l’economia. Ma se le cose stanno in questi termini, cioè se Grillo vuole il default a mezzo non di inflazione ma di decurtazione del valore nominale del titolo (e parrebbe di sì, viste le sbornie argomentazioni precedenti), a che gli serve avere una banca centrale sovrana che stampi moneta?
Qui non siamo più ai normali allucinogeni: siamo ben oltre. Quanti elettori non vedono l’ora di comprare i magici funghetti di Grillo?
