Settimana di correzioni piuttosto pronunciate sui mercati azionari sviluppati (con l’eccezione del Giappone) di cui si cerca la o le determinanti, trovandone alcune o più probabilmente nessuna sufficientemente solida. Titoli di stato pressoché invariati e spread delle obbligazioni societarie in lieve allargamento, più pronunciato per l’High Yield statunitense.
Il movimento di correzione sul mercato azionario è stato piuttosto pronunciato in Europa, mentre gli indici azionari globali sono ora circa il 3% sotto i massimi di alcune settimane addietro. Riguardo la correzione, che è “chiamata” da qualche tempo da molti analisti ed osservatori, allo stato attuale non si rilevano modifiche decisive del quadro fondamentale. Le reporting season del secondo trimestre, per i maggiori paesi sviluppati, stanno uscendo con risultati mediamente positivi (meno per l’Europa), mentre le survey dei livelli di attività confermano l’accelerazione della crescita globale sopra il passo di trend del 3%. Le evidenze del FOMC della Fed, malgrado l’emergere del primo dissenso esplicito circa l’opportunità di non procedere all’avvio del rialzo dei tassi (quello di Charles Plosser), confermano scarse evidenze di pressioni inflazionistiche. La correzione in atto appare quindi più legata all’emergere di rischi di eventi estremi (tail risk), che vanno identificati ed analizzati in modo razionale.
La situazione in Medio Oriente resta molto tesa, ma i prezzi petroliferi nell’ultimo mese hanno segnato una flessione. Il nuovo default dell’Argentina è e resta un evento non sistemico, visto che il paese sudamericano è da molti anni isolato dai mercati internazionali. Il conflitto russo-ucraino, che sta divenendo confronto tra Russia ed Occidente, ha certamente maggiore potenziale di rischio sistemico, legato all’eventuale interruzione dei flussi energetici verso l’Europa, che però al momento non si è ancora verificata. Il movimento di correzione è sinora stato molto più vistoso in Europa, dove gli indici in alcuni casi distano dai massimi il 10%, verosimilmente anche a causa di pesanti posizionamenti accumulatisi nell’ultimo anno sulla regione.
Sul mercato dei titoli di stato, la settimana ha visto movimenti di scarsa entità, malgrado le turbolenze sui mercati azionari e la pubblicazione di dati macroeconomici nel complesso solidi: due circostanze che forse hanno finito col compensarsi nell’impatto sui rendimenti. Resta in essere la divergenza tra Stati Uniti e Regno Unito da un lato ed Eurozona dall’altro sul momento di avvio del rialzo dei tassi ufficiali.
Sui mercati azionari, in settimana gli indici globali hanno segnato ribassi del 2% circa. I più colpiti sono stati, come detto, gli indici europei, molti dei quali hanno azzerato i guadagni da inizio anno e si trovano ora in rosso. Le notizie relative alle tensioni con la Russia hanno pesato non poco sull’azionario europeo. La flessione degli indici statunitensi, per contro, appare più lieve e forse destinata a risolversi prima, finendo con l’essere classificata come una delle correzioni minori (dell’ordine del 5%) che tendono a manifestarsi periodicamente. I dati macro ed i fondamentali continuano infatti a sostenere il mercato. Buona la tenuta dei mercati emergenti, entro i quali si segnalano soprattutto gli asiatici, con dati macro positivi per Cina, Corea, Taiwan.
Sul mercato dei cambi, i dati del mercato del lavoro statunitense di luglio (positivi ma non tali da indicare rischi crescenti di pressioni inflazionistiche) hanno raffreddato il movimento di apprezzamento del dollaro, che tuttavia resta atteso alla luce della divergenza di politica monetaria tra Stati Uniti ed altre aree.
In settimana, materie prime in flessione assieme agli altri attivi rischiosi.
Macromonitor torna dopo la pausa agostana. Buone vacanze, nei limiti del possibile.